Storia di F.
Riceviamo e pubblichiamo la Storia di F.. Segnalataci dall'Amica Maria Garofalo, è una comune storia di sacrifici ed umiliazioni che, troppo spesso, la nostra terra ci impone, ma a cui non vogliamo assolutamente rassegnarci.
Nel martoriato Sud d’Italia si consumano esistenze maltrattate fino al limite dell’umana sopportazione.
M. è un paese del casertano, in Campania, di antiche e nobili tradizioni rurali. I cittadini di M. sono forgiati al lavoro dei campi da millenni, nel loro DNA c’è la mappa del sudore e della produttività. Poca istruzione, purtroppo, ma una cultura agricola straordinaria unita all’artigianato variegato e prezioso e all’arte di riparare qualunque oggetto rotto. Mestieri utilissimi, un patrimonio indicibile.
Poi è arrivato il Progresso con le sue depravate appendici: Consumismo e Capitalismo. In pochi decenni hanno strappato ad M. (come a tutti gli altri paesi) le tradizioni ed i mestieri. Hanno indotto intere generazioni a svendere i loro terreni, i casolari, gli animali da soma per migrare altrove, trasformandosi in braccia per le fabbriche del Nord. Campi ridotti a discariche, Terra maledetta!
Ho conosciuto F., una donna forte e volitiva, vive a M., ci è nata ed i suoi antenati quel paese lo hanno costruito. Sposata ad un compaesano ha tre figli e non ha mai pensato di lasciare i luoghi della memoria, eppur tuttavia non nega ai suoi ragazzi la possibilità futura di sperimentare i Paesi del mondo. I suoi genitori col lavoro durissimo ed i frutti delle loro proprietà terriere ed immobiliari avevano garantito alla loro numerosissima prole,con rispettivi nipoti,un’esistenza non ricca ma dignitosa. Oggi F. è una donna piegata in due. Il marito , sarto e tagliatore di pantaloni fatti a mano, è stato licenziato. L’ultimo laboratorio artigianale dell’intera provincia ha chiuso, la fabbrichetta è stata schiantata dalla cattiva gestione e dai mercati spietati. Fine. La prestigiosa sartoria meridionale è ormai al Nord nelle mani dei cinesi. Fine. Così a 42 anni, dall’oggi al domani, l’uomo si è ritrovato ad elemosinare un lavoro. Dopo un mese di ricerche ha accettato di fare il muratore per 30 euro al giorno, senza alcuna tutela né garanzie, pagato finchè c’è la commessa. I due figli hanno interrotto l’università e per aiutare la barca fanno i camerieri nelle pizzerie e nei pub con paghe da fame. Di fronte a tali emergenze F. non se n’è stata con le mani in mano e nonostante l’altra figlia piccola si è messa in cerca di un lavoro. La sua caparbia alfine è stata premiata, così poco tempo fa le hanno offerto un impiego. Fiduciosa e volenterosa si è presentata sul posto di lavoro. Trattasi di un asilo e scuola elementare privata , affollata e dalla retta salata; le mansioni di F. sono: bidella-cuoca-addetto alle pulizie. Un factotum, insomma, stipendiato con 350 euro al mese.
Ascoltavo affranta il racconto amaro di F..
Dopo un mese di lavoro era stremata dalla fatica e dalle indigenze. Aveva gli occhi rossi di chi riposa poco e piange spesso. Mi raccontava di quanto maggiormente si avverte il peso di un lavoro estenuante a 40 anni.
Ho provato un dolore acuto, profondo; un senso d’impotenza mi ha scossa e così ho deciso di scrivere la sua storia. Tutti questi soprusi avvengono sotto i nostri occhi, codeste barbarie sono all’ordine del giorno fra la rassegnazione dei cittadini e l’indifferenza delle autorità. Finito il suo sfogo disperato mi ha supplicato di mantenere l’anonimato, di non rivelare nemmeno il nome del paese. La mia rabbia montava violenta, l’idea di lasciare impuniti codesti aguzzini mi ripugnava mentre un sottile piacere mi spingeva a disobbedire. Ma le suppliche di F. e la sua convinzione di non trovare giustizia alcuna, piuttosto addirittura, di dover subire le ritorsioni dei disonorati, mi hanno indotta ad un compromesso di cui non vado fiera. Dunque vi ho riferito una crudele verità anonima, permettendo quindi ai cannibali di continuare il loro ributtante pasto, e adesso che il mio articolo è concluso sento il rimorso di lasciar morire nell’oblio la dignità di tutti, compresa la mia.
Maria Garofalo