UN MODELLO SBAGLIATO
"L'emergenza coronavirus sta evidenziando l'inadeguatezza di un modello di sviluppo che sembrava l'unico possibile. Un sistema badato solo sul profitto, nel quale anche la ricerca e l'innovazione devono essere indirizzate verso il guadagno e non il beneficio collettivo e la liberazione dell'umanità dalla fatica e dalle malattie. Da troppo tempo si è perseguito l'obiettivo di togliere qualsiasi funzione al pubblico imponendo l'ideologia secondo la quale solo il privato serve ed è efficiente. Oggi vediamo come questo pensiero unico sia non solo ingiusto ma sbagliato. I tagli alla sanità pubblica in posti letto, strutture, personale e la progressiva precarizzazione del lavoro e della vita dei cittadini hanno ingigantito il problema di un'epidemia nuova e difficile da curare.
Un'epidemia che ha imposto la “quarantena” a tutto il paese. Si resta a casa impauriti e sgomenti. Sembra di vivere in uno di quei film catastrofisti che spesso abbiamo visto con qualche disagio. Ma quella, lo sapevamo, era finzione. Oggi la stiamo vivendo. E cominciamo a vedere i “danni collaterali” di quella che molti definiscono “guerra”.
C'è la notizia di un giovane lavoratore precario morto suicida nel nord e di un'altra infermiera a Milano. Uccisi dalla precarietà e dal sofferenza. Perché anche se si scrive di uno stato di depressione, il disagio del lavoratore è stato reso insopportabile dal licenziamento a causa della crisi dovuta al coronavirus. Forse ce ne rendiamo conto solo adesso ma abbiamo “regalato" a tutti e in particolare ai giovani la disperazione. Una società spietata (non competitiva, proprio spietata) che ci ruba il futuro trasformandolo nella necessità del profitto non ha nulla a che fare con l'umanità. Questo lavoratore si è ucciso perché il sistema con le sue regole infami ci costringe da troppo tempo alla mancanza di felicità.
Si legge di una rabbia crescente e di “assalti” ai supermercati. Qualcosa di cui preoccuparsi, soprattutto se è vero che sono organizzati da quel capitalismo parallelo ed estremo rappresentato dalla malavita organizzata.
Si abbia però coscienza che questo è il risultato di una politica che ha permesso e incentivato la disuguaglianza sociale, che non ha distribuito ricchezza ma la ha concentrata in una minoranza di privilegiati ricchissimi. Una politica che ha permesso e incentivato lo sfruttamento delle persone e dell'ambiente. Un sistema per il quale si deve lavorare in pochi e sempre di più e a costi sempre minori. È un modello di sviluppo spaventoso nel quale il lavoro nero è una forma abituale di lavoro e si può inquinare e distruggere l'ambiente impunemente perché tanto nessuno mai verrà punito. Per noi de #L'Altro Sud è la conferma di una società sbagliata e ingiusta che ha degradato la dignità umana.
Così, in un momento di emergenza e di chiusura delle attività non necessarie alla sopravvivenza, la mancanza di garanzie di lavoro e di retribuzione diventa devastante. Il risultato può essere rassegnazione o diventare rabbia. E la rabbia di persone che non hanno di che mantenersi, che lavoravano in nero e che, oggi, sono prive di reddito, è qualcosa di logico e prevedibile.
In una società “ricca” e “civile” come la nostra non è comprensibile (e tanto meno ammissibile) che circa il 10% della popolazione versi in stato di completa povera e che soffra letteralmente la fame. E non si può pensare neppure di risolvere la cosa con qualche elemosina necessaria, forse, a superare la contingenza ma non sufficiente a risolvere il problema. E non si può pensare di continuare, finita l'emergenza, con le pratiche oscene di un sistema inumano. Ci vogliono trasformazioni profonde, strutturali, e obiettivi completamente diversi da quelli del capitalismo trionfante.
Siamo nel mezzo di una “guerra”, sostengono in tanti, contro un nemico invisibile e pericoloso. Lo dobbiamo sconfiggere con l'unità e la solidarietà di tutti. E anche questa necessità evidenzia la brutalità del sistema nel quale stiamo vivendo. La parola solidarietà è stata cancellata dal vocabolario del capitalismo globale, sostituita da termini quali competizione, mercato, finanza, profitto, individualismo …
Quelli che vediamo (morte, suicidi, rabbia, rassegnazione) sono danni collaterali del coronavirus? Forse, ma quello che è sicuro è che sono il prodotto di un sistema che ha mostrato, proprio nel momento del bisogno, il suo vero volto inadeguato, spietato, inumano."
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