Il meridionalismo viene investito dalle elezioni provinciali ed europee in un momento in cui esso è caratterizzato da particolare vivacità. Dopo il pionierismo risalente ormai a circa 20 anni fa (vissuto dai più anziani fra di noi) con il neoborbonismo, che iniziava a togliere la polvere dalle pietre tombali ben piantate in oltre un secolo di menzogne ed occultamento della memoria di una storia scritta dai vincitori, è sopraggiunto un periodo di tregua.
Ora però da qualche anno un fervore rinnovato ha portato al rifiorire d’associazioni, movimenti e partiti. Perfino una parte della politica istituzionale ha riscoperto (con una buonafede tutta da verificare) ragioni e rivendicazioni d’un meridione in caduta libera. Ed in pieno dibattito, definizione d’obiettivi, alleanze e strategie, il ciclone elezioni sopraggiunge a scombussolare e in parte stimolare lo scenario. Verifiche, incontri, ed il tutto in piena segretezza d’ogni singola compagine, caratterizzano i giorni d’un meridionalismo un po’ preso alla sprovvista, in colpevole ritardo invece rispetto ad un doveroso processo unitario, ma in fibrillazione per un intuibile ma anche pericoloso desiderio di protagonismo e visibilità. Una voglia, umana e comprensibile, di dare al Sud una rappresentatività, al di là del velleitarismo personale inevitabilmente presente.
Chi decide di mandare singole forze all’interno di liste di poco entusiasmanti partiti governativi che rivendicano autonomie, ma che in tutta fretta hanno cassato la parola Sud dal simbolo, che tanto li aveva commossi.
Chi definisce alleanze con neonati movimenti per il Sud di senatrici più inviperite da mancati incarichi nei loro vecchi partiti e reduci da faide al loro interno, però con la bandiera del “no destra e no sinistra” da rivendicare.
Chi donchisciottescamente va da solo, contro tutti, che pur se condivisibile ha da vendersi però non un’unitaria ed agguerrita rappresentanza meridionalista, ma la improponibile sparuta e personale pattuglia.
Chi si vocifera sia tentato da apparentamenti con una storica destra estrema, la cui spendibilità come argomento pro Sud lascia davvero perplessi.
Chi infine, come compagini di cui ho assunto la responsabilità sull’identità, decide di schierarsi con una sinistra che sta lavorando al rinnovo della gestione bassoliniana, e pur intuendone la gravità del fardello ereditario, ritiene di dare una mano per impedire di consegnare la provincia di Napoli a personaggi la cui limpidezza sembra un’optional.
Insomma un variegato scenario che riteniamo debba servire almeno come esperienza, test, per un meridionalismo che almeno, pur in modo disarticolato, dia prova d’esserci, d’esistere, di far comprendere ai meridionali che possono autorappresentarsi. Anche perché c’è sicuramente di peggio…basta guardare in casa UDC. La vergogna regna sovrana : Emanuele Filiberto, il rampollo danzante della dinastia savoiarda che ha massacrato il Sud, sarà capolista con loro. Vien da chiedersi : perché? Non per una sola ragione spendibile, non per innate o dimostrate qualità e competenze, se non in samba, rumba, ecc…Solo ed unicamente per un pugno di voti! Alla faccia della decenza, del Sud, della storia, con loro che vorrebbero dare a intendere che sono il nuovo e l’affidabile tra i due contendenti maggiori.
Il nuovo? Chi? I Savoia? Ma “ci faccino il piacere!”…diceva il grande Principe De Curtis, nostro conterraneo ed in arte Totò!
Andrea Balìa