FAR RIPARTIRE IL SUD
Se consideriamo l’Europa la situazione nel Sud Italia è ancora più drammatica. Negli ultimi 5 anni il PIL è sceso di 6 punti. E oltre 2/3 del 600.000 posti persi in Italia con la crisi sono nel Sud.
Eppure, tra il 2000 e il 2013 sono stati destinati al Meridione circa 80 miliardi di fondi strutturali Ue, incluso Il cofinanziamento nazionale, senza contare la politica agricola. Malgrado queste ingenti risorse, il divario di sviluppo tra Mezzogiorno e le altre aree del Paese e dell’Ue si è allargato. L'emergenza Sud cresce nelle cronache anche per il numero di crisi aziendali che qui assumono maggiore drammaticità per la mancanza di alternative. Situazioni diverse, ma accomunate da un contesto sfavorevole alla competitività, con poche infrastrutture, alti costi energetici, scarsa attenzione alla sostenibilità. E altri mali storici: criminalità, economia sommersa, inefficienza della pubblica amministrazione, tempi della giustizia, ritardi di pagamento, difficoltà di accesso al credito, formazione non sempre all'altezza…
Far ripartire il Meridione è indispensabile per uscire dalla recessione. Bisogna dunque puntare su un "Piano crescita" in una dimensione europea che metta in campo tutte le risorse disponibili e dia priorità alle infrastrutture.
Questo Piano deve partire dal migliore utilizzo dei fondi strutturali ancora disponibili nell'attuale programmazione e dare una prospettiva di lungo periodo, tracciando le linee programmatiche per i fondi 2014-2020. In sinergia con gli investimenti della BEI e altri fondi Ue per la competitività che la Commissione ha proposto di aumentare: da 54 a 80 miliardi per Orizzonte 2020, il raddoppio dei fondi di Cosme per accesso al credito, e da 14 a 50 miliardi per le infrastrutture.
PUNTARE SU VERE PRIORITA'
Se la ricetta generale, in linea con la nuova strategia di politica industriale e il piano per l'imprenditorialità presentato il 9 gennaio, sono accesso al credito, un contesto più favorevole al business e all'export, infrastrutture moderne, innovazione e formazione, bisogna tener conto delle peculiarità del Sud puntando sui settori che facciano da volano alle sue potenzialità.
Pensiamo alla logistica, reti energetiche, per un sistema competitivo nella gestione delle merci che transitano nel Mediterraneo e la realizzazione di un hub per gas e rinnovabili; a settori con ancora grandi potenzialità e sinergie, quali turismo, cultura, moda e agroalimentare; pensiamo alla riconversione di parte dell'edilizia verso livelli di maggiore efficienza, sicurezza sismica e rispetto del territorio; ma anche all'industria manifatturiera innovativa e di qualità, senza la quale lo sviluppo del Sud non può avere basi solide; e a cui deve fare da volano lo sviluppo di reti e tecnologie digitali.
Da qui al 2020 il 70% della nuova crescita sarà concentrata nelle economie emergenti. Nel Sud esistono segnali di vitalità sull'export, cresciuto proporzionalmente più che al Nord e con un interscambio del 12.4 con l'area del Mediterraneo rispetto al 5.9 del Nord. Ma esistono ancora molti freni legati anche all'insufficienza del sistema delle infrastture.
INVESTIRE NELLE INFRASTRUTTURE
Nel rapporto sulla competitività industriale presentato a ottobre l'Italia è tra gli ultimi nella Ue per l'adeguatezza delle infrastrutture. Questo anche perché nell'ultimo decennio le risorse disponibili sono scese del 73%. Il ritardo è particolarmente grave al Meridione. Qui, ad esempio, vi sono meno di 1/3 delle linee ferroviarie italiane, solo ¼ di quelle a doppio binario e 1/6 dell'alta velocità.
Lo sviluppo d'infrastrutture adeguate è quindi nevralgico nella strategia per la crescita e la reindustrializzazione. Come indicato nel piano europeo per le costruzioni presentato a luglio 2012, far ripartire questo settore significa creare ricadute su molti comparti industriali, a cominciare dall'acciaio, tra i più colpiti dalla crisi. Il completamento e la modernizzazione del sistema dei trasporti ha ricadute rilevanti sul turismo che, malgrado le sue enormi potenzialità, è ancora meno sviluppato al Sud rispetto al resto d'Italia.
Carenza d'infrastrutture significa maggiore costo dell'energia, il più alto d'Europa, tra i primi fattori di disincentivo a investire nel Sud. Lo sviluppo di reti per il gas o la trasmissione "intelligente" di elettricità è essenziale per concorrenza, sicurezza e valorizzare delle rinnovabili prodotte al sud (35% del solare, 32% da biomassa e il 98% dell'eolico). Cosi come nella concorrenza per la logistica nel Mediterraneo si perde terreno senza investimenti nella modernizzazione del sistema d'intermodalità.
Fondamentale anche la banda larga, presupposto per cogliere le opportunità della rivoluzione tecnologica in atto.
Alcune infrastrutture chiave sono già parte dell'iniziativa europea "connecting europe". Tra queste vi è il collegamento ferroviario Napoli-Palermo, come parte dell’asse Berlino-Palermo tra i dieci progetti prioritari. Ora è il momento di agire con progetti precisi e tempestivi.
Altra infrastruttura finanziata dalla Ue da valorizzare è il porto di Gioia Tauro, porta d'ingresso del Sud finora utilizzato per smistare container. Per superare la concorrenza di porti con funzioni analoghe, Gioia Tauro dovrebbe dotarsi di sistemi d'interoperabilità nell'entroterra che valorizzino la sua posizione geografica. Investire sul sistema portuale e del trasporto marittimo ha un rilevante impatto sull’economia del territorio con un moltiplicatore pari a 2,53, per cui su 100 euro d'investimenti se ne generano 253.
Ruolo insostituibile hanno gli aeroporti che servono regioni periferiche o isole con alta potenzialità turistica. Eppure, l'aeroporto di Comiso, già realizzato da alcuni anni con l'impiego di 17 milioni di fondi Ue, non riesce a "decollare" con perdita d'indotto in un'area dalle formidabili potenzialità. Basti pensare che l'aeroporto di Trapani, aperto dopo forti resistenze, ha avuto nel 2011 un incremento del traffico del 50% e viaggia verso i due milioni di passeggeri, con un impatto del 10% del PIL nella provincia.
Ogni turista aggiunge al PIL del territorio 103 euro al giorno. Investire nell'operatività di questi aeroporti è, dunque, un modo efficace di spendere fondi Ue.
La carenza d'infrastrutture non è solo legata alla mancanza di fondi Ue. Altri fattori, quali l'accesso al credito e ritardi di pagamento, burocrazia, criminalità e, una troppo rigida applicazione del Patto di Stabilità, tagliano le gambe a progetti già finanziati o finanziabili.
Accesso ai capitali
Questa crisi ha visto fallire decine di migliaia di aziende sane e frenare investimenti per impossibilità di accedere al credito.
Malgrado i 1000 miliardi di liquidità della BCE, un'impresa su tre non ottiene il credito richiesto. Per far fronte alla crisi molte banche hanno chiesto il rientro di fidi e ora stentano a erogare credito, se non ha condizioni estremamente restrittive. Nel Sud la situazione è ancora più grave, con il 40% d'imprese che denuncia difficoltà di acceso al credito e tassi ben più alti della media Ue, con un differenziale del 3% rispetto ai tassi del Nord. Per non parlare dei tempi di pagamento delle amministrazioni, oltre il doppio di quelli già eccesivi del Nord, con 1/3 dei fallimenti causati da questa piaga.
Pensare di mascherare i problemi dei conti di uno Stato sprecone finanziandosi sulla pelle d'imprese che falliscono è irresponsabile. La presunta furbizia di mettere la polvere sotto al tappeto può portarci verso il baratro di una spirale micidiale di ritardi – fallimenti – meno lavoro – meno entrate – ulteriore peggioramento dei conti, dei ritardi e dei fallimenti... Solo se lo Stato pagherà tempestivamente i 90 miliardi di debiti accumulati si potrà uscire da questa morsa ridando fiato all'economia.
Il settore delle costruzioni è tra i più penalizzati, con 19 miliardi di crediti verso lo Stato. Per cui, per far ripartire le infrastture è essenziale risolvere questo nodo. In generale, nel Meridione, serve una politica – anche europea - per più fondi pubblici a garanzia di prestiti e capitali di rischio, con particolare attenzione alle start up e all'imprendibilità giovanile; serve un maggiore ruolo della BEI e un'applicazione di Basilea 3 che non penalizzi le PMI.
Migliorare il contesto per il business
Spesso mancano gli investimenti in infrastrutture perché non vi sono garanzie sui tempi di ottenimento di licenze e permessi vari.
Le opere realizzate risultano sovente più costose per i tempi biblici di realizzazione legati anche a un atteggiamento spesso ostile sul territorio sintetizzato dall'acronimo "NIMBY" (not in my backyard ovvero non nel mio cortile). Per questo la capacità di attirare investitori al Sud è limitata, con appena il 4,4% del totale degli investimenti esteri in Italia, malgrado la possibilità di ottenere fondi Ue. Come richiesto dall'Ue, fermo restando la tutela di sicurezza e ambiente, va fatto tutto il possibile per semplificare le procedure con tempi certi e il ricorso, ove possibile, al silenzio assenso.
MIGLIORARE L'UTILIZZO DEI FONDI
Dei circa 36 miliardi di fondi strutturali 2007-2013 destinati al Sud, ne sono state impegnati circa il 60% e pagati 1/3, a fronte di un media Ue del 90% d'impegni e 60% di pagamenti. A un anno dalla conclusione del programma, alcune regioni rischiano seriamente di perdere centinaia di milioni. Nel mezzo della crisi e, in pieno negoziato sulla nuova programmazione 2014-2020, davvero l'Italia non può permetterselo.
Le misure di riprogrammazione in corso, vanno nella giusta direzione. Ma, forse, esistono ancora margini per concentrare ulteriormente le risorse su poche azioni che facciano da volano. Pensiamo a misure per il credito e le infrastrutture, con anche strumenti innovativi che coinvolgano la BEI e garanzia per prestiti con un forte effetto di leva.
Ad esempio, i project bond già al via con un primo progetto pilota di 230 milioni (che consente finanziamenti per 4.5 miliardi), possono essere utilizzati nel Sud per grandi progetti infrastrutturali. In linea con il Governo, se le Regioni lo volessero, si potrebbe studiare insieme alla BEI l'utilizzo di questo strumento facendo leva sui fondi regionali non spesi.
CONCLUSIONI
La politica regionale in tempi di scarsità di risorse assume un ruolo ancora più strategico per la crescita e la realizzazione di un contesto più favorevole all'impresa. Investire al Sud senza – in parallelo - dare risposte a problemi strutturali, quali mancanza d'infrastrutture, legalità o inefficienza dell'amministrazione, è come mettere acqua in un recipiente che perde..
Anche per rafforzare la credibilità italiana nell'attuale negoziato sul bilancio Europeo è indispensabile abbandonare un certo fatalismo e rimettere il Sud in cima all'agenda politica. E questo si può fare, proprio partendo da un piano ambizioso e credibile d'infrastrutture per il Meridione e il resto d'Italia.
V.P.Comissione europea
L'Altro Sud