AUTONOMIA E IDENTITA'
di Antonio Gentile
Negli ultimi anni, specie dopo l'accresciuto grado d'integrazione europea, il processo di "regionalizzazione", inteso come criterio di organizzazione degli interessi e delle volontà politiche su base territoriale, si è notevolmente rafforzato, condizionando non poco l'Unione europea.
Molte scelte di fondo e molte direttive comunitarie sono state indirizzate verso la valorizzazione delle identità regionali e lo sviluppo delle istituzioni collegate.
Partendo dall'Atto unico europeo e con l'avvio delle politiche strutturali, le regioni hanno assunto un ruolo rilevante. Con il trattato di Maastricht del febbraio 1992, che stabilì che "il cammino dell'Europa passa per le regioni", s'istituì come organo dell'Unione il "Comitato delle Regioni", conferendo ai governi substatali ampio riconoscimento e si affermò che i governi nazionali non erano più i soli rappresentanti degli interessi europei.
Inoltre, la modifica dell'art. 146 del Trattato dell'Unione sancì che i rappresentanti di enti substatali, almeno quelli che avevano piena potestà legislativa, potevano partecipare di diritto al Consiglio dei Ministri nelle questioni d'interesse regionale.
Emerge, dunque, in questo processo di protagonismo e impegno regionale, la "relativizzazione" degli stati-nazione, che non sono più sentiti come "un dato di natura, ma come una costruzione artificiale frutto di un movimento storico europeo".
La mobilitazione regionale, alle ragioni di natura storica, culturale e politica ha aggiunto sempre più quelle di natura economica e sociale, puntando fortemente verso processi di cooperazione interregionale bilaterali e multilaterali.
Partendo dai protocolli d'intesa, dai gemellaggi, dalle forme di partecipazione economica e tecnologica, le regioni europee, specie quelle di confine, producono un attivissimo scambio di beni, di servizi, di lavoro, di capitale, di coordinamento infrastrutturale e di trasporti, tutelando, nello stesso tempo i propri interessi di fronte ai governi centrali e agli organismi internazionali.
Molte di queste regioni, che per secoli hanno rappresentato realtà storico-territoriali organiche, sono state disunite dalle barriere degli stati nazionali e dai numerosi conflitti.
Pertanto, queste entità substatali hanno cercato collaborazione tra loro su varie questioni, creando delle importanti associazioni interregionali, quasi sempre a carattere transfrontaliero.
Tra le più rilevanti ricordiamo, ad esempio, l'ARGE ALP (Comunità di lavoro delle Alpi orientali), l'ARG ALPE ADRIA, la CONTRAO, che insieme con altre, hanno costituito l'Associazione delle regioni europee. Un'altra tipologia importante di associazioni e accordi tra regioni sono, poi, le "Euroregioni" regolate da un regime misto, pubblico e privato, come ad esempio l'EUROREGIO, nata nel 1965 fra enti territoriali tedeschi e olandesi.
Le questioni regionali, in particolare modo il processo di trasferimento di funzioni e poteri dallo Stato centrale agli istituti periferici (decentramento, federalismo, devolution…), sono processi politici che hanno attivato numerosi movimenti territoriali che riconducono queste istanze sotto l'egida della difesa e della riscoperta di un'identità.
Per regionalismi possiamo, quindi, intendere quei movimenti d'idee e di lotta politica che si richiamano all'identità di un territorio come fonte di elementi culturali primari come la lingua, l'etnia e di valori tradizionali. Questi ultimi trovano forme espressive nella mentalità, negli usi e costumi, nelle religioni, nella letteratura, nelle regole comuni, che nel loro insieme costituiscono una cultura.
In pratica "il regionalismo è un'ideologia specifica che traduce territorialità e cultura in un programma d'azione e come ogni altra ideologia politica, ha una gamma di fini politici e culturali da conseguire".
La riscoperta e la difesa di un'identità collettiva di una comunità, di un popolo, implicano per prima cosa la capacità dei membri di riconoscersi portatori di caratteri comuni, rielaborando in chiave mitico-simbolica la cultura tradizionale nelle sue varie espressioni, tutelando la propria identità dai processi di omologazione.
Se l'autonomia, nelle sue varie forme, intesa come controllo su un determinato territorio, rimane storicamente l'elemento comune di tutti questi movimenti, l'obiettivo di un maggiore sviluppo economico e sociale, unito al controllo delle risorse, rappresenta il fine politico più recente.
Dunque, sia le regioni marginali e depresse in cerca di riscatto storico e di emancipazione sia quelle ricche e gelose del loro benessere, poco propense alla ridistribuzione delle risorse – come la Lombardia e la Catalogna – guardano all'Europa delle Regioni come ad un modello più vantaggioso.
L'esplosione del regionalismo ha generato la nascita di numerosi partiti regionalisti che, oramai, sono presenti in tutta l'Unione europea, dilatando sempre più il fenomeno territoriale.
I nuovi partiti si sono aggiunti a quelli antichi e autorevoli come il Partido Nacionalista Vasco, la Svenska Foklpartiet, lo Scottish National Party, la Esquerra Republicana de Catalunya, il Plaid Cymru, il Südtiroler Volkspartei, Christlich-Soziale Union, il Partito Sardo d'Azione, l'Euskal Herritarroc (Batasuna), l'Union Valdôtaine, l'Unione di U Populu Corsu, il Vlaamsblok, fino alla più recente Lega Nord.
Molte di queste formazioni politiche rientrano nel più vasto Partito Democratico dei Popoli d'Europa (PDEP) collegato all'ALE (Alleanza Libera Europea), associazione nata nel 1981 con lo scopo di aggregare i partiti regionalisti.
Con la sola eccezione della Lega Nord, tutti i partiti presenti nelle associazioni sopra citate sono europeisti. Infatti, è proprio l'integrazione europea ad aver rafforzato il ruolo delle Regioni, consentendo loro di inserirsi nei processi decisionali dell'Unione. Tutte le formazioni politiche regionaliste hanno notevolmente accresciuto il loro consenso elettorale, favoriti dalla crisi del confronto ideologico e dall'affermarsi dell'identità territoriale come principale riferimento politico-culturale. La loro crescita ha determinato in molti casi lo smantellamento dei vecchi sistemi di partito ritenuti ormai obsoleti e antidemocratici, intercettando la grande voglia di partecipazione presente, oggi, nella società civile, e puntando al superamento delle tradizionali divisioni interne alla comunità di riferimento.
Rifiutando in molti casi di collocarsi sull'asse destra/sinistra, considerato fattore di divisione nell'ambito delle comunità, i partiti territoriali criticano le forme politiche tradizionali, rispecchiando in un certo qual modo l'eterogeneità della loro base di riferimento, e proponendo nuovi elementi d'aggregazione e di solidarietà.
La nuova politica troverà, dunque, nel regionalismo numerosi elementi di rinnovamento, dall'ideologia del territorio ai nuovi modelli di partecipazione e di autogoverno, dove i cittadini potranno verificare in modo diretto l'operato dei loro delegati, rafforzando in tal modo il senso di responsabilità, nell'ottica più generale di una comune identità.
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