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L'Altro Sud riporta Le Due Sicilie in Europa (vedi il filmato)

I"l nostro è un Paese in pezzi. Ripeterlo fa paura, ma non è detto che sia un male" . Un libro infuocato, che irrompe con forza nel dibattito politico e tratteggia scrupolosamente gli scenari di un futuro che non è mai stato così prossimo.

 

 

 

   
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Fermiamo lo scempio in Basilicata dove si potrebbe destinare fino al 70% del territorio regionale allo sfruttamento petrolifero. Serve una mobilitazione permanente delle popolazioni meridionali contro questa violenza dello stato italiano che continua a considerare il Mezzogiorno solo una colonia da spremere e che ha consegnato i nostri territori alle compagnie petrolifere

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Video "Un Altro Sud c'è". Rassegna di immagini del Sud stereotipato della criminalità e del degrado contrapposto al Sud positivo, della gente perbene, degli eroi, della cultura, dell'arte, della Storia di un popolo che è stato Nazione per otto secoli.

   
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Nicola Perrini, ingegnere, docente di elettronica con numerose esperienze professionali - in particolare nel campo delle Energie Rinnovabili e dell'impiantistica industriale - è attualmente Coordinatore Nazionale de L'Altro Sud-UDS. Meridionalista doc, è autore stimatissimo di numerosi contributi sulla Questione Meridionale e sulle nuove opportunità di sviluppo del Mezzogiorno. 

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 IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    
Location: BlogsL'ALTRO SUD    
Posted by: 242658@aruba.it 19/03/2013 17.45

IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE

Al Sud redditi più bassi che in Grecia. Qui il 60% dei posti di lavoro persi dall’inizio della crisi. Spesa pubblica per l’istruzione superiore del 25% a quella del Centro-Nord, ma i livelli di apprendimento sono peggiori. E si fugge dalla bassa qualità dei servizi nella sanità e all’università

 La crisi degli ultimi anni ha allargato fortemente il divario Nord-Sud. Tra il 2007 e il 2012 nel Mezzogiorno il Pil si è ridotto del 10% in termini reali a fronte di una flessione del 5,7% registrata nel Centro-Nord. Nel 2007 il Pil italiano era pari a 1.680 miliardi di euro, cinque anni dopo si era ridotto a 1.567 miliardi. Nella crisi abbiamo perso quindi 113 miliardi di euro, molto più dell’intero Pil dell’Ungheria, un Paese di quasi 9 milioni d’abitanti. Di questi, 72 miliardi di euro si sono persi al Centro-Nord e 41 miliardi (pari al 36%) al Sud. Ma la recessione attuale è solo l’ultimo tassello di una serie di criticità che si sono stratificate nel tempo: piani di governo poco chiari, una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, infrastrutture scarsamente competitive, una limitata apertura ai mercati esteri e un forte razionamento del credito hanno indebolito il sistema-Mezzogiorno fino quasi a spezzarlo. Negli ultimi decenni il Pil pro-capite meridionale è rimasto in modo stabile intorno al 57% di quello del Centro-Nord, testimoniando l’inefficacia delle politiche di sostegno allo sviluppo messe in atto, che non hanno saputo garantire maggiore occupazione, nuova imprenditorialità, migliore coesione sociale, modernizzazione dell’offerta dei servizi pubblici.

La bassa crescita del nostro Paese è fortemente influenzata dal dualismo territoriale. Fra i grandi sistemi dell’euro zona l’Italia è il Paese con le più rilevanti diseguaglianze territoriali. Se si confronta il reddito pro-capite delle tre regioni più ricche e più povere dei grandi Paesi dell’area dell’euro emerge che l’Italia ha il maggior numero di regioni con meno di 20.000 euro pro-capite: sono 7 rispetto alle 6 della Spagna, le 4 della Francia e una sola della Germania. All’estremo opposto, la Germania ha 10 regioni con oltre 30.000 euro pro-capite, la Francia la sola Ile-de-France, mentre l’Italia ne ha 5 e la Spagna nessuna. Il Centro-Nord (31.124 euro di Pil per abitante) è vicino ai valori dei Paesi più ricchi come la Germania, dove il Pil pro-capite è di 31.703 euro. Mentre i livelli di reddito del Mezzogiorno sono inferiori a quelli della Grecia (17.957 euro il Sud, 18.454 euro la Grecia).

Il mercato del lavoro si destruttura e si impoverisce ulteriormente. Dei 505.000 posti di lavoro persi in Italia dall’inizio della crisi, tra il 2008 e il 2012, il 60% ha riguardato il Mezzogiorno (più di 300.000). Il Sud paga la parte più cospicua di un costo già insopportabile per il Paese e si conferma come un territorio di emarginazione di alcune categorie sociali, come i giovani e le donne. Un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni non riesce a trovare un lavoro (in Italia il tasso di disoccupazione giovanile è al 25%). Se poi oltre a essere giovani si è donne, la disoccupazione sale al 40%. Il tasso di disoccupazione femminile totale è del 19% al Sud a fronte di un valore medio nazionale dell’11%. I disoccupati con laurea sono in Italia il 6,7% a fronte del 10% nel Mezzogiorno.

Un tessuto d’impresa a rischio di deindustrializzazione. Un sistema imprenditoriale già fragile e diradato, se messo a confronto con quello del Centro-Nord, è stato sottoposto negli ultimi anni a un processo di progressivo smantellamento, costellato da crisi d’impresa molto gravi come quelle dell’Ilva di Taranto e della Fiat di Termini Imerese. Tra il 2007 e il 2011 gli occupati nell’industria meridionale si sono ridotti del 15,5% (con una perdita di oltre 147.000 unità) a fronte di una flessione del 5,5% nel Centro-Nord. Oltre 7.600 imprese manifatturiere del Mezzogiorno (su un totale di 137.000 aziende) sono uscite dal mercato tra il 2009 e il 2012, con una flessione del 5,1% e punte superiori al 6% in Puglia e Campania.

Si allargano le distanze sociali. Il Mezzogiorno resta un territorio in cui le forme di sperequazione della ricchezza non diminuiscono, ma anzi si allargano. Calabria, Sicilia, Campania e Puglia registrano indici di diseguaglianza più elevati della media nazionale. Il 26% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno è materialmente povero (cioè con difficoltà oggettive ad affrontare spese essenziali o impossibilitate a sostenere tali spese per mancanza di denaro) a fronte di una media nazionale del 15,7%. E nel Sud sono a rischio di povertà 39 famiglie su 100 a fronte di una media nazionale del 24,6%. Il persistere di meccanismi clientelari, di circuiti di potere impermeabili alla società civile e la diffusione di intermediazioni improprie nella gestione dei finanziamenti pubblici contribuiscono ad alimentare ulteriormente le distanze sociali impedendo il dispiegarsi di normali processi di sviluppo.

Fondi europei: risorse non spese e programmi inefficaci. I contributi assegnati per i programmi dell’Obiettivo Convergenza destinati alle regioni meridionali ammontano a 43,6 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. A meno di un anno dalla chiusura del periodo di programmazione risulta impegnato appena il 53% delle risorse disponibili e spesi 9,2 miliardi (il 21,2%). Anche l’efficacia dei programmi attivati con i fondi europei è discutibile. Al contrario di ciò che è accaduto in altri Paesi con un marcato dualismo territoriale, in Italia la convergenza tra Sud e Nord non si è mai realmente affermata. Prova ne è il fatto che nel prossimo ciclo di programmazione l’Ue stima che la popolazione sottoposta all’Obiettivo Convergenza passerà in Italia dall’11% al 14% del totale, mentre altri Paesi vedranno calare drasticamente tale quota: la Germania passerà dal 5,4% allo 0% e la Spagna dal 9,1% allo 0,9%. Le risorse spese nelle regioni meridionali non solo hanno contribuito debolmente al riequilibrio territoriale, ma hanno rafforzato i circuiti meno trasparenti e congelato l’iniziativa imprenditoriale con incentivi senza obbligo di risultato e progetti spesso estranei alle vere esigenze delle economie locali.

Scuola e formazione: si spende di più che nel resto del Paese, ma i risultati sono peggiori. Uno dei principali fattori di debolezza del Sud è ancora oggi l’incapacità del sistema educativo di accompagnare i processi di sviluppo attraverso la formazione di un capitale umano qualificato, contribuendo così a contrastare il disagio sociale ed economico della popolazione. La spesa pubblica per l’istruzione e la formazione nel Mezzogiorno è molto più alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord, ovvero 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d’Italia (ovvero il 24,9% in più). Eppure, il tasso di abbandono scolastico è del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord, i livelli di apprendimento e le competenze sono decisamente peggiori, tutte le regioni meridionali si caratterizzano per una incidenza del «fenomeno Neet» superiore alla media nazionale: il 31,9% dei giovani di 15-29 anni non studiano e non lavorano, con una situazione da emergenza sociale in Campania (35,2%) e in Sicilia (35,7%). E il 23,7% degli iscritti meridionali all’università si è spostato verso una localizzazione centro-settentrionale, contro una mobilità di solo il 2% dei loro colleghi del Centro e del Nord.

L’abbandono della sanità pubblica e i bisogni assistenziali crescenti. Il progressivo deterioramento dei servizi sanitari negli ultimi cinque anni è riferito dal giudizio dei cittadini: lo afferma il 7,5% al Nord-Ovest, l’8,7% al Nord-Est, il 25,6% al Centro e addirittura il 32,1% al Sud. Il 17,1% dei residenti meridionali si è spostato in un’altra regione per farsi curare, non fidandosi della qualità e della professionalità disponibili nella propria. Forte è la tendenza all’aumento della longevità. Si prevede al 2030 un incremento della popolazione anziana di oltre il 35% contro dinamiche di crescita meno marcate nelle altre aree geografiche. In parallelo crescerà molto anche il numero dei non autosufficienti, destinati a superare i 783.000, con un balzo di oltre il 50%.

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Comments (9)   Add Comment
Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Catello on 19/03/2013 18.16
E' un disastro! Va sempre peggio eppure qui tutto tace, che schifo!

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Lucia on 20/03/2013 16.39
Questi sono dati da dramma sociale, che indicano il consolidarsi di un'ingiustizia nazionale vergognosa. Non è più possibile andare avanti così rimanendo spettatori passivi, ci vuole una giusta rivolta contro questa desolazione civile anche ricorrendo a scelte estreme.

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By GENNARO on 20/03/2013 18.04
Vorrei sapere perchè il Mezzogiorno non chiede la secessione dall'Italia. Che scopo ha rimanere in questo paese di merda che ci costringe ad emigrare come 150 anni fa, ci riempie di insulti razzisti ma fa affari d'oro continuando a venderci i loro prodotti del nord. LIBERIAMOCI!

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Gennaro on 21/03/2013 15.20
Consideriamo cheIl Pil è ritornato ai livelli di dieci anni fa, in forte calo risulta poi la produzione industriale che, per il nono anno consecutivo, cresce meno del centro-nord. L’occupazione è letteralmente crollata: più della metà dei posti di lavoro persi nell’ultimo anno in Italia si sono registrati nel Mezzogiorno. Preoccupano poi le condizioni di vita dei cittadini del meridionali. Uno su tre è a rischio povertà per il reddito troppo basso, il 14% delle famiglie vive, addirittura, con meno di 1.000 euro al mese. Con questa situazione che significato ha il rimanere in questre regioni, ormai dopo un secolo e mezzo è tutto irreversibile.

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Alex on 21/03/2013 17.58
La Scozia terrà l’annunciato referendum sulla sua indipendenza dal Regno Unito il 18 settembre del 2014: e’ quanto ha reso noto il primo ministro scozzese, Alex Salmond, che ha presentato il relativo disegno di legge al parlamento di Edimburgo. Meditate gente, meditate.

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Massimo Colonna on 22/03/2013 17.25
I dati ci dicono che il Pil è in caduta, consumi ancora a picco e allarme povertà. Secondo le stime dell'ufficio studi di Confcommercio, diffuse in occasione del Forum di Cernobbio, nel corso del 2013 saranno oltre 4 milioni le persone “assolutamente povere” in Italia. Per il 2011 il dato certificato dall'Istat indicava 3,5 milioni di poveri, gran parte nel Mezzogiorno. Negli ultimi cinque anni l'Italia “ha prodotto” 615 nuovi poveri al giorno. <br><br>

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Nix on 22/03/2013 19.26
Il credo liberista prevede che le fasce sociali più deboli vengano abbandonate a se stesse, perché colpevoli della propria condizione e quindi non meritevoli di alcuna considerazione. Sappiamo invece che le condizioni di un individuo e più in generale di un popolo, dipendono molto dalle condizioni al contorno e che spesso chi si trova in maggiori difficoltà non ha una colpa diretta del suo stato. Questo vale anche per le regioni meridionali, oggetto di pesanti espropriazioni e ridotte a periferia dell'Italia e dell'Europa. In periodi in cui le regioni dominanti si arrogano il diritto di attribuire patenti di "virtuosità" o inefficienza, la condizione dei nostri territori è dipinta come conseguenza di un peccato originale e come specchio di un'inferiorità sociale e culturale. Questi concetti, costantemente propagandati dai media, finiscono per convincere le stesse popolazioni meridionali. Ecco spiegata la mancanza di reazione ad ogni accusa infamante, ecco la mancanza di fiducia verso il proprio prossimo e quindi l'icapacità di esprimere una rappresentanza politica orgogliosa e valida.

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Matteo on 23/03/2013 20.55
E' vero quello che dice Nix, il problema dei meridionali è quello di essersi convinti di appartenere ad una razza inferiore. Secoli di lavaggio mentale e di propaganda hanno distrutto nel nostro popolo il ricordo della dignità storica e la volontà di riscossa. Ma ora che fare?

Re: IL SUD ABBANDONATO AFFONDA IRRIMEDIABILMENTE    By Paolo on 24/03/2013 18.46
Cari mie il Sud è abituato ad essere in crisi da sempre. Perciò questa ennesima crisi, non è poi una novità così drammatica. Ad esempio alla Coop meridionale la frutta costa meno. Ci sono comunque spacci di frutta nei sottoscala, si compra e si vende in nero, chi ha le campagne coltiva quel che può, lo smercia come può, nessuno ti viene a rompere le palle se non fai scontrini fiscali. Ci si arrangia. Questa è l'Italia.


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