LEGA NORD, LA BOMBA DELLE INTERCETTAZIONI
Con otto anni di ritardo (e già questo la dice tutta sulla collettiva irresponsabilità nazionale) l’Italia si sveglia e si accorge che esiste la tragedia.
E’ la tragedia del berlusconismo. Che finalmente si smaschera dalle abili carnevalate inventate dai consulenti della comunicazione e offre al popolo la vera faccia di chi gestisce il potere in Italia. E’ la tragedia dell’avidità degli esseri umani, dello sfruttamento delle debolezze altrui, è la tragedia che evidenzia la genesi e la maturità dei vigliacchi –da sempre protagonisti di ogni tragedia che si rispetti- cioè di coloro che approfittano delle disgrazie altrui per gettarsi a capofitto sulla carcassa e darsi all’orgia del cannibalismo. Come fece lo zio di Amleto, come fece Clitennestra, come fece Giocasta.
E’ una tragedia con tutti i crismi caratteristici delle tragedie shakespeariane, e quindi colpisce l’immaginario della nazione che, sgomenta, si rende conto di essere testimone (una volta tanto) di qualcosa che non è la consueta farsa all’italiana. Perché una tragedia che si svolge all’interno del Palazzo, e si consuma mescolando sentimentalità, fragilità umane e avidità di potere.
Di farsesco non c’è neppure un ingrediente, questa volta. Per fortuna.
Non è la farsa della nipote di Mubarak, non è la farsa della casa di proprietà a propria insaputa, non è la farsa delle lacrime della Fornero, la farsa delle battute esangui della Gelmini, la farsa dell’accesso al mercato per stupidi incompetenti, la farsa di Emilio Fede e le sue valigette piene di soldi, la farsa dei presunti titoli di studio del Trota, un piccolo clown di periferia che non è in grado di rendersi conto di ciò che vuol dire essere proiettati, all’improvviso e senza preavviso, sul palcoscenico della Storia dove si recita una tragedia.
Faranno di tutto, ma proprio di tutto, per disossarla, per sottrarle il Senso.
Faranno tutto ciò che possono per spingerla verso l’ennesima farsa, in tal modo annacquando gli eventi sperando e sapendo che finirà a tarallucci e vino come al solito in questo paese. Le proveranno tutte.
Per non darle il Significato, che è sempre figlio del Senso.
E c’è chi trema, in questo momento, nel mondo politico italiano.
E non sono pochi. E non sono comprimari. E non sono persone di basso calibro.
Perché gli ingredienti della tragedia ci sono tutti. E le tragedie, si sa, non finiscono mai bene. Altrimenti non sarebbero tragedie.
C’è chi trema all’idea che salti fuori la più pericolosa tra tutte le intercettazioni, quella che –giustamente, direi- la magistratura ha secretato e di cui non esiste alcuna trascrizione a disposizione della stampa. Forse è la più grossa rogna capitata al ragionier Monti da quando esiste, e non credo che l’uomo (che ha già dato abbondante prova di essere uno spirito lasso) sarà in grado di gestirla con l’abilità necessaria. Soprattutto con la pulizia dovuta. Perché si sa che quella intercettazione c’è. E’ quella il clou della tragedia.
Altrimenti, sarebbe finita in farsa come tutte le altre volte.
Mi riferisco qui alla sera del giorno in cui si è svolta la riunione della direzione della Lega Nord a via Bellerio, nel corso della quale l’ex ministro degli interni, Roberto Maroni, si assunse la responsabilità di sostenere l’assoluta necessità di votare alla camera per l’arresto del deputato pidiellino Nicola Cosentino e d lì a un’ora comunicò la scelta del partito alla stampa. Ma alle ore 20, Rosy Mauro riceve una telefonata da Cicchitto che chiede conferma. E venti minuti dopo c’è la telefonata del sultano di Arcore alla vice-presidente del senato, durata quasi un’ora. Due ore dopo, Bossi chiama Maroni e gli dice che si vota a favore di Cosentino. Come, regolarmente, avviene il giorno dopo.
L’intercettazione è legale. Doppiamente legale. Perché i furboni, pensando di poter aggirare il lavoro delle forze dell’ordine, usano cellulari protetti e a nome di terzi sconosciuti. Si dà il caso, però, che questi terzi sconosciuti fossero già da tempo nel mirino degli inquirenti. E così il destino regala questa chicca che dà origine a tutto. Non sappiamo che cosa siano detti. Ma 60 minuti sono lunghi, molto lunghi. Evidentemente di carne al fuoco ce ne doveva essere parecchia e denota i contorni di un copione italiano.
E che qualifica l’attuale panorama come il teatro di una tragedia civile che stiamo vivendo.
Sulla quale non c’è da ridere e sarebbe un grave errore pensare che si tratti della consueta farsa e dell’abuso dei soliti privilegiati e che sono tutti uguali. No.
E’ qualcosa di diverso.
Perché sono coinvolti anche 257 consigli di amministrazione di piccole banche della Lombardia e del Veneto (controllo politico PDL-Lega Nord) dove gli amministratori delegati e i presidenti non sono economisti, finanzieri, o esperti in tecnica bancaria, bensì contadini, operai, bagnini, scopini, gente fino al giorno prima disoccupata, che dalla notte al mattino si trova al comando di una banca locale responsabile di elargire prestiti agevolati alle aziende in crisi.
Perché sono coinvolte aziende della Repubblica Italiana, di natura strategica, come Finmeccanica, come Selex, come Selenia, come Finsiel, come Ital impianti, come Snam progetti, e diverse intercettazioni sono finite –per rispettare la Legge- nelle mani dei servizi segreti dipendenti dal Ministero della Difesa. Si parla, infatti, di centinaia e centinaia di milioni di euro che allegramente “the family” muoveva in giro per il mondo nel nome della ragion di Stato mettendo a repentaglio l’economia nazionale e l’incolumità della nazione. Soldi che, una volta concluso il giro, rientravano nelle banche sotto il loro controllo politico, per ricadere poi a pioggia a favore di certe persone, certe aziende, certe famiglie.
Sono i soldi delle tasse dei cittadini della Repubblica Italiana.
Mentre i nostri giovani vengono mandati a morire sul fronte dell’Afghanistan.
Tre procure solide non si mettono in moto e corrono il rischio di provocare un terremoto politico che può scuotere le fondamenta della nazione, in un paese come questo, per andare appresso a un ragazzino viziato che ha acquistato una porsche o per denunciare un segretario politico che si è fatto ristrutturare la casa per qualche decina di migliaia di euro. Questa è la farsa che vogliono costruirci intorno.
Nel pieno rispetto della legalità e delle specifiche competenze di ciascuno, penso che il còmpito politico che attende tutti i soggetti pensanti della Repubblcia Italiana consista nel pretendere che l’àmbito della vicenda rimanga all’interno della tragedia.
E non finisca in farsa.
Non si tratta di orge sporcaccione o di beni di lusso da piccolo-borghesi mitomani come nel caso di Lusi e compagnia bella.
Si tratta di ben altro.
E cioè del fatto che dopo quella maledetta quanto inaspettata notte dell’11 marzo 2004, quando il senatore Bossi è stato colpito da ictus ed è diventato incapace di intendere e di volere (questa è la realtà clinica autentica che la truppa asservita mediatica si rifiuta di rivelare nel nome di un presupposto buonismo: ma non diciamo sciocchezze) il controllo e la gestione di una parte strategica del potere economico, finanziario, legale e politico della nazione è finita nelle mani di persone che altre intercettazioni rivelano (rese pubbliche e quindi lette e vagliate da tutti i giornalisti italiani) hanno deliberatamente scelto di accordarsi con nuclei potenti ed efferati della criminalità organizzata italiana e straniera determinando l’ingresso, la presa di possesso del territorio e conseguente predominio e trionfo della ‘ndrangheta, mafia e camorra nel tessuto economico della Lombardia, del Veneto, della Liguria, del Piemonte e soprattutto dell’Emilia-Romagna, ormai identificata come la regione d’Europa con il più alto tasso di controllo da parte dei criminali della ricchezza finanziaria ed economica del territorio locale.
Fonti autorevoli ci segnalano come ci sia addirittura una parte della magistratura che sta valutando se sia o meno il caso di avvalersi anche dell’ipotesi di reato di “alto tradimento militare nei confronti della Repubblica Italiana”, il che non sorprende dato che le persone in questione manifestatamente dichiarano, ammettono ed esibiscono un disprezzo per la sovranità nazionale che loro non riconoscono tale.
Il problema non è quel poveraccio del Trota.
Il problema è che tutto ciò è avvenuto mentre il più importante esponente politico di quel partito oggi indagato era ministro degli interni e il governo era pieno di persone indagate per attività criminali, il più pulito dei quali poteva vantarsi di averla fatta franca soltanto perché aveva approfittato della prescrizione, obbrobrio nazionale da cancellare.
Se si arriva alla scena madre del terzo atto, l’Italia ha la possibilità e l’opportunità storica di poter maturare aspirando a un qualche cambiamento.
Abbiamo bisogno di una tragedia. Non può che farci bene ed essere salvifica.
Non può che ricompattare la nazione, unirla.
Può rigenerarci.
Perché comunque l’esistenza in Italia è già diventata una tragedia quotidiana per molti.
Troppi.
E non si tratta soltanto di quei poveretti profughi africani che arrivano qui con lo sguardo smarrito pensando chissà cosa, buttati su una spiaggia in un paese di cui non sanno nulla.
Si tratta di operai e imprenditori, anziani e casalinghe, giovani e anziani. Nati e cresciuti qui.
Nostri concittadini che ogni giorno decidono che non ce la fanno più e si uccidono.
Altri sopravvivono. Con la consapevolezza che stanno sopravvivendo, vivacchiando.
E quindi, incorporando l’idea di aver rinunciato alla vita, alle ambizioni, ai sogni.
Non è forse, questa, la più grande tragedia nella vita quotidiana di ogni individuo?
Abbiamo bisogno di una grande tragedia nazionale nella quale identificarci tutti.
Abbiamo bisogno della catarsi. Non delle manovre economiche o di un’ennesima legge.
Una volta tanto, abbiamo il diritto di pretendere di non ridere, di non darla in pasto ai comici, di non farne alimento per la satira o per delle nuove barzellette.
Piangere e disperarsi deve essere il nostro nuovo diritto.
Perché è così che si diventa realisti, e quindi efficaci e da lì efficienti.
La Lega Nord si è resa complice e connivente della tragedia italiana negli ultimi 10 anni.
Aver distrutto l’intelligenza di questa bellissima etnia trasformandola in un paese di idioti narcotizzati e di criminali corrotti è una tragedia totale.
Seguitare a riderci su facendo spallucce non può che alimentare il qualunquismo, e quindi originare e produrre anti-politica.
Io voglio la tragedia.
Perché voglio partecipare nella mia quota parte alla rifondazione di questo paese.
E non si cambia, non ci si evolve, non si matura, se ci si rifiuta di soffrire.
Se si insiste nel sottrarre se stessi alla tragedia quando incombe.
Non è una farsa, tutta questa vicenda della Lega Nord.
Preghiamo affinchè si dipani e si sviluppi dopo pasqua come una tragedia epocale e contundente.
Sono stanco di ridere di noi.
Ho una gran voglia di piangere e strapparmi i capelli urlando la mia disperazione civile come faceva il pubblico ateniese 2500 anni fa.
Se i greci (dato che loro hanno fatto al pianeta questo immenso regalo) invece di rimbecillirsi tra un balletto e l’altro si fossero ricordati di vivere la tragedia della propria esistenza sociale e civica strappandosi le vesti, avrebbero forse evitato che arrivasse uno come Mario Draghi a stracciargliele. Lasciandoli nudi, immemori di sé e inconsapevoli.
Questo week end pregherò affinchè l’Italia riesca, finalmente, a vivere la tragedia che merita.