MORTE DI UN FALSO EROE
di Giovanni Di Lecce
Giorgio Bocca è morto. Lunga morte a Bocca, mi verrebbe da dire! Speriamo che di lui non se ne parli ancora per molto, e che, morto una volta per sempre, riposi in pace sotto la pietra tombale dell'eterno silenzio. Che siano solo i parenti a custodirne la memoria, o amici di brigata a cui, come lui, non manca il pelo sullo stomaco!
Non saremo certo noi a dire che con Bocca se ne va una parte dell'Italia migliore (in verità difficile da trovare), o che con il suo modo di fare giornalismo, Bocca lascia un vuoto incolmabile nel mondo della carta stampata. Di sicuro non ci accoderemo a quanti, giornalisti servi, pennivendoli di mestiere, alte cariche dello Stato, scugnizzi malandrini e sgrassatori della politica, ne hanno tessuto le lodi più sperticate.
Che lo facciano i comprimari della banda Bassotto che tengono sotto schiaffo questo miserabile Paese, posso capirlo, ma che anche milioni di italiani gli tributino manifestazioni di cordoglio, questo proprio mi riesce inspiegabile. Forse sarà perchè gli italiani 'amano innamorarsi', e quindi non è infrequente vederli stringere matrimoni anche con personaggi chiacchierati o dalla dubbia moralità. Come se poi non bastassero a recitare canti funebri già i tanti lamentatori di professione di cui è pieno l'ordine dei giornalisti, gli emuli di quelle donne che nell'antica Grecia venivano pagate per piangere il morto e intonargli lamentazioni.
Bocca è l'ultimo di una lunga serie di giornalisti e intellettuali mistificatori che hanno lasciato questo mondo ricoperti di infamia e con la taccia di subdoli opportunisti. Non so come debba ritenersi un sessantenne come me (se già vecchio o non più giovane!), fatto sta che ho vissuto abbastanza per non ricordare le tante vite parallele di Bocca. Certo, sulle sue strade egli non è stato mai da solo, non ha dovuto ingaggiare lotte donchisciottesche contro immaginari mulini a vento, perchè non sono mai mancati su quelle vie 'cavalieri serventi', suoi degni pari, dalle molte vite, e con i quali ha spesso incrociato il suo destino.
L'elenco dei voltagabbana tra i giornalisti e gli intellettuali nostrani è troppo lungo perchè io mi sprechi a ricordarli tutti, mi basta citarne alcuni tra i più rappresentativi perchè ne sono l'emblema. C'è stato il Montanelli fascista della prima ora, macho e pedofilo, poi antimussoliniano, missino, democristiano, giù giù fino al giornalista prima ammiratore di Berlusconi e successivamente suo indomito detrattore; il Biagi intervistatore con il vezzo dell'untuosa adulazione; la prima Fallaci filoaraba e grande ammiratrice di un Arafat guerriero, e l'ultima che ne provava schifo al sol vederlo; c'è il Pansa cantore della resistenza, quando non disdegnava di partecipare ai convivi dei social-comunisti, e quello della resipiscenza senile, che aborre i comunisti e i socialisti, perchè questi ormai gli ricordano tanto i partigiani che fecero strage di giovani soldati repubblichini.
Bocca ripeteva spesso che la sua vera ossessione era il denaro, perchè credeva sempre di non averne mai abbastanza! Ma sotto questo riguardo era ed è in buona compagnia: i giornalisti più accreditati presso il grande pubblico quasi sempre sono macchine per fare soldi. Lo sono stati i già citati Montanelli, Biagi, e Fallaci; lo sono Scalfari, Pansa, Feltri, Belpietro, Ferrara, Travaglio, Ezio Mauro, per limitarci a quelli della sola carta stampata.
Certo, per Travaglio si potrebbe eccepire che la sua vera fonte di guadagno sono i suoi libri, ma resta il fatto che i libri che pubblica altro non sono che rielaborazione di suoi articoli di giornale. Ma non è su questo che io giudicherei Travaglio. Per come è sguarnita la piazza di giornalisti bravi, onesti e indipendenti, Travaglio ci fa la figura del giustiziere, del cavaliere senza macchia e senza paura! Solo che a cercarli i difetti a Travaglio, se ne trovano e parecchi pure.
A parte la sua maniacale ossessione di volerci additare ad ogni pie' sospinto, Montanelli e Biagi come modelli di bravura nel vergare i loro articoli, e come esempi di giornalisti con la schiena sempre dritta, ora ce lo ritroviamo anche come il più convinto estimatore di Bocca. E dire che di lui questi ha detto tutto il male possibile. Infatti, sebbene nel febbraio del 2010 Travaglio si sia prestato per “Il Fatto Q.” di fargli un'intervista che avrebbe fatto vergognare un Minzolini qualunque, per la cortigianeria con cui gli poneva le domande, Bocca non esita a offenderlo pesantemente dicendo: “C’è stato un periodo in cui ero l’unico che facesse libri d’inchiesta. Oggi, invece, ogni giorno me ne arriva uno. Questi qui poi sono arrivati alla vergogna, fanno libri ignobili pur di uscire con un libro, hanno una squadra di persone che copia dai giornali e ne fanno un libro. Travaglio, ogni due mesi fa un libro. Ma come fai? Sono libri fatti coi ritagli della questura, dei tribunali, libri pessimi.”
Questo la dice lunga sul carattere spigoloso del vecchio giornalista, e sul suo umore rancoroso, proprio di quelle persone che bruciano d'invidia al solo pensare che qualcuno possa offuscarne la fama e il prestigio! Noi, che di Travaglio abbiamo sempre apprezzato il sagace giornalismo d'inchiesta, ora non possiamo nascondere il grande senso di fastidio che ci procurano le sue stucchevoli sviolinate e il peloso panegirico che tesse di Bocca nell'intervista.
Ormai la vita di Giorgio Bocca in questi giorni è stata rivoltata come un calzino, e non c'è chi non si sia esercitato nell'arte a volte non troppo sottile della denigrazione, o in quella altrettanto stomachevole dell'adulazione più ruffiana. Io mi limiterò a riportare alcune sue dichiarazioni che mi hanno particolarmente colpito. Certo è che il personaggio negli ultimi tempi troppo spesso aveva dato l'impressione di essere affetto da un cinismo amorale che rasentava l'astenia emotiva dei folli.
(((Ecco cosa dice sul SUD: “C’era sempre il contrasto fra paesaggi meravigliosi e questa gente orrenda (…). Insomma, la gente del Sud è orrenda (…). C’era questo contrasto incredibile fra alcune cose meravigliose e un’umanità spesso repellente». Una volta, per dire, si è trovato in una viuzza vicino al palazzo di giustizia di Palermo: «C’era una puzza di marcio, con gente mostruosa che usciva dalle catapecchie»”… “Non a caso, Bocca ha dedicato uno dei suoi libri più famosi al Sud: si intitola Inferno ed è a tutti gli effetti un precursore di Gomorra. Ma il suo pensiero non cambia col passare del tempo: «Vai a Napoli ed è un cimiciaio, ancora adesso». L’intervistatrice, disperata, cerca di fargli dire qualcosa di gentile sui meridionali, gli chiede se non veda «poesia, saggezza» nel modo di vivere di quelle parti. E il faraone, implacabile: «Poesia? Per me è il terrore, è il cancro». Sono «zone urbane marce, inguaribili»…Unica consolazione: il Sud fa talmente schifo che se vai lì ne cavi di sicuro qualche bell’articolo. Quando lo dice, l’intervistatrice s’illumina: «Quindi sei grato, se non altro…» Ma Giorgio: «Grato, insomma… Come dire: sono grato perché vado a caccia grossa di belve. Insomma, non sei grato alle belve, fai la caccia grossa, ma non è che fraternizzi con le belve». Eppure, nei suoi libri, qualche parola consolante sul Meridione si trova… Beh, presto spiegato il mistero: «È necessaria un po’ di ipocrisia. Sapevo sempre che dovevo tener buoni i miei lettori meridionali, quindi davo un contentino.”…)))
Basta quest'ultima frase per avere la misura di quanto cinico e calcolatore fosse quest'uomo!
Ho avuto poi la sfortuna di assistere all'intervista che ha rilasciato alla Bignardi ne Le Invasioni Barbariche, e devo dire che quello che ho ascoltato dalla sua viva voce in quel servizio, avrei voluto non averlo mai ascoltato: sarà stato per un declino delle sue facoltà mentali legato all'età, o perché voleva stupire l'uditorio, fatto sta che sembrava di trovarsi davanti a una persona dalla mente esaltata e in preda a folli elucubrazioni.
Ne riporto i passi per me più significativi. Per chi fosse interessato all'intera intervista posto qui il link del video:
http://multimedia.lastampa.it/multimedia/cultura-e-arte/lstp/105857/
Bocca nell'intervista alla Bignardi la cosa peggiore la dice a sei minuti e mezzo dall'inizio, quando risponde all'intervistatrice dicendo che lui scriveva di cronaca nera solo per mestiere, e che anzi ne era piuttosto schifato (e qui lo si può anche capire), per aggiungere subito dopo che “a me hanno dato sempre fastidio i finti sentimenti... ad esempio io i servizi peggiori li ho fatti quando ho raccontato dei grandi cataclismi...bisognava fingere dolore... così è stato anche per il disastro del Vajont... sono arrivato da Milano sul posto la mattina presto e ho visto una 'spiana' di terra enorme … erano morte mille persone...certo era drammatico, ma perchè devi fingere di essere commosso per una sciagura quasi naturale (la Bignardi finge meraviglia ma lui continua imperterrito...) - e poi non era affatto una sciagura naturale, dal momento che ci furono gravi responsabilità dei gestori della diga - …
un giornalista, uno scrittore non può commuoversi per tutte le schiocchezze... (nel Vajont i morti furono duemila, e non mi sembra che fossero una sciocchezza...)...il mio unico innamoramento sono stati i partigiani ('e sua moglie?' chiede la Bignardi), ma insomma ero innamorato dei miei amici, i quali come me volevano cambiare l'Italia... (insomma un ex-fascista che batte sempre il tasto della ...resistenza...verrebbe da dire che vuole rimuovere il suo passato di fascista...)... (siamo esattamente a 21 minuti e 32 secondi dall'inizio dell'intervista, quando la Bignardi chiede a Bocca....) ha sentito ieri di quella pensionata colpita in testa in galleria da una palla a forma di cuore di una nota marca, che era agganciata per sponsorizzare... appunto la marca … nel centro di Milano... la pensionata ha avuto un trauma cranico... insomma mi sono chiesta se aveva sentito questa notizia e che cosa ne aveva pensato... (risposta di Bocca)...mi sono rallegrato... (ma come! dice la Bignardi... poverina la vecchia...) è divertente (continua Bocca) vedere che una luminaria cada in galleria... (ma non per la signora – dice la Bignardi – si è fatta male , per fortuna che è fuori pericolo)... 'lei ama il denaro?' gli chiede la Bignardi... e lui con gli occhi che sprizzano scintille di gioia, risponde subito 'moltissimo ...e chi non ama il denaro...se ne conosci qualcuno...io amo il denaro perchè ho paura della povertà...' (ma ha conosciuto la povertà? - gli chiede la Bignardi)... e lui “io la povertà non l'ho mai conosciuta...
L'Altro Sud - Puglia