IDENTITA' REGIONALE, UN BENE COMUNE
di Antonio Gentile, pubblicato su TERRA del 11 gennaio 2011, pag. 11
Il tramonto delle ideologie tradizionali ha favorito in tutta Europa la riorganizzazione di interessi e volontà su base locale
Il tramonto delle ideologie tradizionali, soprattutto a partire dal 1989, ha aperto la strada all'affermazione di nuove forme della politica. In particolare, l'emergere del fait régional, cioè la messa in atto di riforme istituzionali che hanno cambiato l'architettura degli stati centralizzati, ha favorito, in tutta Europa, quel processo di “regionalizzazione” inteso come criterio di organizzazione degli interessi e delle volontà politiche su base territoriale. Fondamentale nel nuovo dinamismo delle comunità, condizionato dai processi di globalizzazione e d'integrazione europea, è l'emergere della dimensione culturale, cioè la riscoperta e l'affermazione delle identità regionali. Tale sconvolgimento politico-istituzionale, è avvenuto con l'azione determinante dei movimenti regionalisti che, con il loro impegno ideale e di lotta politica territoriale, hanno ridato alle collettività un ruolo decisionale che era ormai offuscato dai dogmi delle religioni civili prima e dallo strapotere affaristico-clientelare dei partiti poi. Territorio, lingua, etnia – intesa come insieme d'individui – trovano forme espressive nella mentalità, negli usi e costumi, nella solidarietà sociale, che nel loro insieme costituiscono la cultura di un popolo. Dunque, le nuove forme della politica guardano più direttamente al coinvolgimento delle comunità, le quali richiedono protagonismo e rivalutazione dell'appartenenza identitaria. In Italia, il successo della Lega Nord, s'inserisce pienamente in questo cambiamento. Ma i suoi presupposti, politici e culturali, ne fanno un fenomeno sostanzialmente limitato alle regioni settentrionali e animato da finalità razziste, xenofobe e secessioniste. Gli altri partiti nazionali sono prevalentemente espressione del carisma personale dei loro leader e sono del tutto estranei agli interessi dei loro gruppi d'appartenenza. In questo scenario, il Movimento regionalista de L'Altro Sud, lancia alla nascente Costituente Ecologista una sua proposta di radicale innovazione politica che, tra l'altro, ha rapidamente raccolto l'interesse di altre realtà politico-culturali territoriali. Una proposta che estende il concetto di tutela dell'ambiente a quello del territorio inteso nella sua interezza. Dunque, ambiente, ma anche salvaguardia delle identità culturali, sociali, tradizionali, che connotano le varie comunità regionali, trasformando queste radici di appartenenza in un processo di emancipazione e di vantaggio economico. Naturalmente il tutto in una cornice di rispetto dell'unità nazionale e di piena solidarietà tra le varie componenti. Far nascere un grande” partito nazionale dei territori”, che sappia raccogliere le crescenti istanze delle popolazioni italiane che, così come avviene per quelle europee, chiedono più protagonismo e maggiore democrazia partecipativa. Un innovativo soggetto politico dalle potenzialità rivoluzionarie, che tolga, tra l'altro, alla Lega il monopolio della rappresentatività territoriale e che possa far convergere dentro di sé le varie centinaia di movimenti e le migliaia di associazioni regionali che si sono incredibilmente moltiplicate negli ultimi anni. Ambiente, identità, legalità sono i tre pilastri della nuova idealità politica che L'Altro Sud propone per la Costituente Ecologista, dando da subito la piena disponibilità a presentare a livello nazionale il suo innovativo progetto politico nella sua interezza.