IL SUD E LE SUE RICCHEZZE
di Angelo D'Ambra, pubblicato su TERRA del 17 Dicembre 2010.
Il Mezzogiorno è quotidianamente depredato delle risorse. E' necessario che pensi a se stesso.
Nel 1950 lo Svimez rilevava come, su un totale di 106.753 strade comunali, solo 42.897 fossero al Sud, territorio che, tra l’altro, deteneva appena il 27,6% delle linee ferroviarie statali e 69.128 ospedali contro i 290.094 del Nord, pressoché identico nelle proporzioni era il computo degli istituti scolastici. Tutto ciò dopo 91 anni dall’unità d’Italia e tre leggi speciali, per la Basilicata, per Napoli e per la Calabria, che già Giustino Fortunato aveva definito generose elemosine e “goffe raffazzonature”. Fu questo fallimento ad indurre il governo De Gasperi ad istituire la Cassa del Mezzogiorno per l’attuazione di ulteriori interventi straordinari. Si stanziarono miliardi per piani poliennali, interventi aggiuntivi ed ennesime leggi speciali.
In venti anni sarebbe dovuto cambiare tutto, eppure alle soglie del 1970 il reddito pro capite nel Mezzogiorno era aumentato solamente del 22,59%, al Nord del 77,41%; in tale arco temporale si registrò, altresì, un calo della produzione agricola lorda nel Mezzogiorno, che passò dal 32,3% al 20,1%, cui non corrispose un proporzionale incremento nel settore industriale. Il divario tra Settentrione e Meridione si era esteso, gli interventi statali avevano depauperato l’economia del Mezzogiorno e permesso all’industria tosco-padana di espandersi, grazie alla dilatazione dei consumi di prodotti padani da parte nel mercato meridionale. Giovanni Russo, nelle pagine del Corriere della Sera, sintetizzava: “In realtà sia il Governo sia la classe politica meridionale hanno lasciato passare sotto la versione della industrializzazione del Mezzogiorno iniziative che servivano ad ampliare alcuni settori industriali nazionali … ma che invece di sviluppare il Sud, nelle circostanze e nelle condizioni in cui sono state attuate, ne depredavano le risorse e ne diminuivano in realtà le possibilità produttive”.
“Stavamo così inguaiati che ci hanno fatto la Cassa da morto”, avrebbe commentato laconicamente Massimo Troisi. Gli studi di Zitara ribadiscono come, ancora oggi, siano le merci settentrionali ad assorbire quasi interamente la spesa dei consumatori meridionali. Ogni giorno l’acquisto di prodotti del Nord porta una fetta consistente del reddito meridionale verso le Alpi. Se questa ricchezza fosse, invece, reinvestita al Sud con l’acquisto di beni di consumo locali, vi sarebbe un vero incentivo per l’occupazione e per la produzione delle aziende del Mezzogiorno.
Se aprissimo gli occhi sulle distese d’agrumi costieri, se osassimo bagnarci nelle acque sorgive e camminare sull’umida campagna coltivata, capiremmo l’importanza di prediligere i prodotti locali. “Prediligere”, come suggerisce l’etimologia del termine, vuol dire amare e, scegliere i prodotti della propria terra è un atto di affezione e di riconoscenza nei confronti di quel Sud, del suo ambiente, del suo territorio, dal quale provengono prodotti genuini e di qualità sconosciuti ai più, soffocati in un mercato che trabocca di panettoni di Milano e spumanti piemontesi.