Di tutto rilievo l’iniziativa del Comune di Gaeta che qualche sera fa, in un animato ed affollato Consiglio Comunale, ha approvato un ordine del giorno con il quale rivendica –a 147 anni dalla conquista della città da parte delle truppe piemontesi- rispetto ed attenzione per gli innegabili danni morali e materiali subiti nel corso delle operazioni di assedio della città che va considerata a pieno titolo fra quelle che hanno contribuito, con il proprio sacrificio, alla formazione dello Stato italiano.
Come è ben noto Gaeta, insieme a Civitella del Tronto, furono gli ultimi due baluardi di resistenza dello Stato delle Due Sicilie a cadere nelle mani delle truppe piemontesi, riscattando con le loro gesta l’onore di un esercito e di un Popolo costretto a subire -per i pochi che conoscono la storia- una feroce guerra di conquista e successivamente gli inumani crimini degli occupanti piemontesi.
Entrambe le città furono piegate dalle malattie ed epidemie causate dal lungo assedio e caddero solo a seguito di un feroce, immorale e criminoso cannoneggiamento volto non a far cadere le difese militari, ma a distruggere le abitazioni civili e l’inestimabile tesoro di opere custodito in esse.
In un’Italia unita e pacificata entrambe avrebbero dovuto legittimamente ottenere il riconoscimento, insieme a molte altre (Pontelandolfo, Casalduni, ecc), dei patimenti e distruzioni subite –sottolineiamo- dalla popolazione civile, e dei danni morali e materiali conseguenti.
Si pensi che dal 1861 la popolazione di Gaeta è cresciuta solo da 16.000 a circa 20.000 abitanti, mentre fra gli emigrati in Sudamerica, Francia e nord Italia si contano oltre 100.000 gaetani. Una crescita e uno sviluppo negati dalla distruzione della città e dalla povertà nella quale è precipitata a seguito di quell’atto che ha generato l’emorragia dei giovani e la distruzione di una economia.
Gaeta, cui fu promesso già nel 1861 dopo un sopralluogo del Principe di Carignano, un indennizzo per i danni subiti, e che ancora nel 1914 chiedeva un risarcimento di due milioni di lire, non rientra neppure fra i comuni beneficiari dei fondi per le celebrazioni dei 150 anni dall’unità d’Italia, che si svolgeranno nel 2011.
Non solo! La città, essendo sempre stata nei secoli uno snodo militare di primo rilievo, aveva ricevuto anche benefici per la presenza delle truppe sotto forma di un compenso economico. Non è stato così dopo l’unità.
Da qui la richiesta del Sindaco Raimondi e della Giunta di centrosinistra -su iniziativa dell’Assessore al Demanio Antonio Ciano- di un risarcimento, innanzitutto morale, per il contribuito dato con il proprio sacrificio all’unità d’Italia. E, perché no, del danno economico che, dai 2 milioni di lire richiesti nel 1914, è stato quantificato in 220 milioni di euro.
D’altra parte Gaeta, come molte città –si pensi alla Reggia di Caserta la cui disponibilità e gli utili sono in capo allo Stato- soffre la piaga della demanializzazione del proprio territorio che in essa raggiunge circa l’80%. La conseguenza per i Comuni è dover sopportare gli oneri delle infrastrutture a servizio di questi beni (costi che pagano i cittadini) senza poter fruire dei benefici della loro presenza, con l’effetto di ingessare l’economia e lo sviluppo delle città.
Fino ad oggi Gaeta ha dovuto ricomprare pezzi del proprio territorio e della propria storia messi all’asta dagli eredi dello Stato conquistatore. Sarebbe giusto restituire alla disponibilità, fruibilità ed economia della città pezzi di storia e di territorio per favorire lo sviluppo dei territori.
L’apparente incongruenza di avanzare provocatoriamente la richiesta agli eredi dei Savoia discende, a nostro avviso, dal comprensibile distinguo che l’amministrazione comunale ha voluto fare nell’individuare le responsabilità dei disastri causati dall’abusiva guerra di conquista condotta ai danni del Regno delle Due Sicilie dalle truppe piemontesi su diretto input di Vittorio Emanuele II e di Cavour, e le responsabilità del Regno d’Italia -nato solo successivamente- di cui è erede la Repubblica.
In effetti appare chiaro che un eventuale risarcimento economico non può che essere riconosciuto solo dallo Stato italiano, cui spetta l’onere di pagare i debiti contratti e i danni causati dal precedente Stato monarchico. Quello morale compete a tutti: Stato e cittadini italiani.
Perciò anche noi de l’Altro Sud – Unione Democratica del Sud siamo pienamente favorevoli a sostenere la proposta di legge, la cui presentazione in Parlamento è stata promossa dall’Assessore Ciano, affinché i beni demaniali tornino ai Comuni che ne erano proprietari fino all’Unità d’Italia.
Molto però c’è ancora da fare sulla strada del riconoscimento morale e materiale delle sofferenze patite dal Mezzogiorno per l’unità d’Italia e del ruolo svolto dai meridionali in termini di forza lavoro e di intelligenze nella formazione e nello sviluppo del nostro Stato italiano.
Cogliamo con estremo favore l’invito a unire le forze dei meridionali affinché, tutti insieme (associazioni, movimenti, organizzazioni impegnate sul territorio, ecc) si lavori per ottenere che, a 147 anni dalla unione amministrativa del territorio italiano, inizi finalmente un reale processo di “unione degli italiani”, intellettualmente onesto e paritario.
Tale processo non può prescindere dalla presa di coscienza, dei meridionali innanzitutto, che esiste un altro Sud onesto, operoso e vincente che non fa titolo sui giornali ma che tutti i giorni si afferma nei campi della ricerca scientifica, dell’imprenditoria, dell’arte, della cultura. Una realtà troppo spesso volutamente ignorata da chi conta, che rischia di ripiegarsi definitivamente su sue stessa, dalla quale invece è possibile ripartire.
Un Sud per il quale vale la pena mettersi in gioco!
Napoli 7 dicembre 2008 Emiddio de Franciscis di Casanova