LIBERI DI SCEGLIERE
di Antonio Gentile
Molte volte, in questi anni, abbiamo ribadito che, affinché la rivoluzione del Sud si compia, non basta solo cambiare le persone che gestiscono le istituzioni e, dunque, il potere. Occorre invece un mutamento radicale delle regole istituzionali che governano il patto tra i cittadini. La questione di fondo non può essere quella di continuare a difendere uno Stato centralista così come si è strutturato dopo 150 anni e che ha determinato solo assoggettamento materiale e culturale. La vera questione, che è oggi davanti ai cittadini del Sud, è quella di prendere in seria considerazione la convenienza economica, politica e culturale di un passaggio istituzionale orientato all’introduzione di un vero sistema autonomista.
Il Meridione abbandonato a se stesso affonda inesorabilmente in un’Italia dove non esiste più solidarietà, in una apocalisse civile fatta di oppressione fiscale e indifferenza per i più deboli, al grido “si salvi chi può”.
Pertanto, bisogna cambiare il patto, le regole che governano la nostra convivenza. Una popolazione deve avere il diritto di scegliere direttamente i suoi rappresentanti, senza il ricatto dell’intermediazione partitica, deve poter scegliere standard di comportamento adatti alle proprie esigenze, modulando le priorità che variano da territorio a territorio. Adottare un sistema di regole più flessibile di quello nazionale, adatto a valorizzare e ad aiutare i suoi imprenditori e lavoratori. Rompere quella condizione di sudditanza scegliendo di decidere da soli il proprio destino, privilegiando l’autodeterminazione come modello vincente.
Una scelta radicale di federalismo cooperativo, che ricostruisca l’organizzazione politica del Sud conferendo alla comunità meridionale i poteri necessari all’autogoverno e alla sua autonoma progettualità.
La macroregione meridionale, tutta e unita, deve dotarsi di un sistema decisionale ritagliato sulle esigenze della propria gente, senza mediazioni e senza dipendenza. Gestendo con senso di responsabilità le risorse, controllandone le destinazioni e favorendo lo sviluppo dei propri territori, contrattando direttamente con le istituzioni europee.
Ma alla base di tutto, ci deve essere una forte valorizzazione dell’identità culturale e storica del Mezzogiorno con la sua lunga tradizione nazionale, perché la legittimità di un sistema dipende dal fatto che la gente deve sentire quel sistema suo, orgogliosa nel contesto nazionale e internazionale. La terra, la lingua, le tradizioni, diventano il cemento unificante che permette ad un popolo di ritrovarsi e di percorrere insieme il lungo cammino della storia.
Self-rule, autogoverno, sono, dunque, strumenti di libertà e condivisione, con i quali il Sud del ventunesimo secolo si fa finalmente Comunità Politica in un nuovo contratto di libertà costituzionale, ponendo fine a quel modello statale Centro-periferia che ha relegato l’antica nazione meridionale in una dimensione periferica degradante e disgregante.
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