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I"l nostro è un Paese in pezzi. Ripeterlo fa paura, ma non è detto che sia un male" . Un libro infuocato, che irrompe con forza nel dibattito politico e tratteggia scrupolosamente gli scenari di un futuro che non è mai stato così prossimo.

 

 

 

   
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 LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    
Luogo: BlogsL'ALTRO SUD    
Inviato da: 242658@aruba.it 12/10/2012 17.07

LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA

di Francesco Maria Toscano

Il Comune di Reggio Calabria è stato sciolto per contiguità mafiose. La decisione era nell’aria e non sorprende nessuno, tranne quelli che si sorprendono per professione. Una premessa: la ‘ndrangheta, in Calabria e altrove, è forte, pervasiva, ramificata, violenta e, negli anni, ha imparato a trasformarsi per rimanere uguale a se stessa. A differenza della mafia siciliana, duramente colpita e ridimensionata dall’opera repressiva dello Stato susseguente agli eccidi di Falcone e Borsellino, la ‘ndrangheta ha conservato intatto il suo potere. Al più lo ha accresciuto. Mentre Cosa Nostra siciliana costituisce una associazione piramidale con a capo una “Commisione centrale” in grado di imporre il proprio volere indiscriminatamente, la ‘ndrangheta si articola secondo un modello diverso e, per certi aspetti, impenetrabile. Ogni porzione di territorio calabrese è governato da singole ‘ndrine, vere dinastie familiari che trasmettono il potere da padre in figlio. Proprio perché la struttura delle ‘ndrine è prevalentemente familiare, i pentiti di ‘ndrangheta sono merce rara. L’aspirante pentito calabrese, per guadagnarsi lo status di collaboratore di giustizia, dovrebbe quindi puntare il dito contro fratelli, padri, zii e cugini. Dovrebbe, cioè, tradire il suo stesso sangue, mettere nel conto di venire completamente emarginato dal contesto nel quale è nato e cresciuto, e vivere infine il resto dei suoi giorni sapendo di essere nel mirino. Molti ‘ndranghetisti preferiscono perciò affrontare silenziosi montagne di ergastoli, nonché i rigori del regime carcerario duro (41 bis), anziché saltare la barricata. Dicevo prima che negli anni la ‘ndrangheta ha cambiato pelle per restare al passo con i tempi. Nel passato, le ‘ndrine affermavano generalmente il proprio potere sui singoli diversi territori calabresi attraverso la dura selezione imposta dalle famigerate “faide” (termine di derivazione germanica che indica uno stato di inimicizia privata). La faida, da concludersi normalmente con il completo sterminio in danno del nucleo mafioso soccombente, poteva protrarsi per anni, di generazione in generazione, seminando morti con cadenza periodica. La seconda guerra di mafia, tra il cartello dei De Stefano contro quello dei Condello, che vide teatro di guerra Reggio di Calabria tra il 1985 e il 1991, produsse qualcosa come 700 morti ammazzati, molti dei quali caduti per vendette trasversali o per errore. Numeri da Intifada mediorientale. Al netto di una situazione sociale oggettivamente insostenibile, però, lo Stato centrale sonnecchiava. Sceglieva cioè una tecnica simile a quella utilizzata dai tecno-liberisti di oggi in campo economico: laissez faire. Le mafie erano (e sono) legate a doppio mandato rispetto al potere politico. I leader dei principali partiti della Prima Repubblica, poi, hanno per molto tempo scelto razionalmente di riservare al fenomeno mafioso la cosiddetta “politica del contenimento vigile”. Una forma cioè esasperata e malsana di realpolitik che induceva la politica a non affrontare di petto il fenomeno mafioso (nella erronea convinzione che la mafia fosse un sottoprodotto ineludibile dell’arretratezza culturale di alcune regioni meridionali, così, ad esempio, la pensava Francesco Cossiga), preferendo la via del dialogo morbido, ipocrita e politicamente interessato. Non erano pochi i politici della prima Repubblica che, ragionando secondo folli schemi macropolitici, ritenevano che tutto sommato perfino la mafia potesse risultare utile per perseguire l’obiettivo primario di arrestare in Italia l’avanzata del comunismo. Tutto cambia, infatti, subito dopo la caduta del Muro di Berlino. I vecchi equilibri saltano e se ne creano di nuovi, forgiati dal sangue delle stragi siciliane del 1992 e da quelle in Continente del 1993. L’inchiesta palermitana sulla cosiddetta “trattativa” dimostra una cosa molto semplice quanto inaccettabile. Dimostra cioè che gli attuali equilibri di potere italiani, quelli che sorreggono trasversalmente la classe dirigente della seconda Repubblica, sono il diretto risultato di quella strategia stragista finalizzata ad imporre una nuova e duratura “pax mafiosa”. Per questo l’inchiesta di Palermo deve essere fermata o depotenziata a tutti i costi. Non si può fare luce su quegli anni. Ora, in una nazione come l’Italia di oggi, dove gli equilibri di potere sono il diretto risultato di indicibili accordi politico-mafiosi intercorsi a cavallo tra la prima e la seconda Repubblica, c’è ancora chi fa finta di stupirsi della presenza ingombrante delle mafie all’interno delle istituzioni. Ma dite sul serio? Ma non vi rendete conto che la mafia “non si annida solo all’interno di singole amministrazioni” ma è, al contrario, elemento costitutivo della nostra (morente) seconda Repubblica? La mafia di oggi non è quella di trenta o quaranta anni fa. La ‘ndrine più violente e primordiali sono state lentamente surclassate da cosche capaci di esprimere anche eccellenze nel mondo della finanza, dell’economia, della politica, delle professioni e della burocrazia. La ‘ndrangheta spara di meno (anche se all’occorrenza non si è scordata come si fa) ma penetra di più nel tessuto di potere cosiddetto legittimo e riconosciuto. E’ una realtà evidente che è inutile negare. Spesso, anzi, all’interno delle singole ‘ndrine, si ha la sensazione che emergano in posizione di vertice le figure “più dialoganti” del cartello criminoso. Quelle cioè più propense “a trattare”, sulla scia del paradigma risultato vincente ai tempi della Grande Trattativa Stato-mafia, oggetto delle investigazioni di Ingoria e Di Matteo. Tutto questo per dire che, per risolvere definitivamente il perverso intreccio Stato-mafia non basta di tanto in tanto sciogliere qualche comune ad alta densità criminale. Bisognerebbe trovare il coraggio di affrontare il problema alla radice. Chi ha depistato e perché, ad esempio, i processi sulla strage di via D’Amelio costruiti intorno alla figura improbabile di Scarantino? Per conto di chi alcuni funzionari dello Stato hanno trattato con la mafia per fare cessare le stragi? E in cambio di quali promesse? Senza sciogliere questi nodi, la lotta alla mafia si riduce a pura retorica. Tornando, in conclusione, al caso specifico di Reggio Calabria, aspetto di leggere con attenzione la relazione ministeriale per esprimermi con cognizione di causa. Di primo acchito mi sembra inverosimile la lettura del ministro Cancellieri, specie nella misura in cui getta la croce soltanto sul sindaco Arena, figura debole e politicamente subalterna, e perciò facilmente sacrificabile sull’altare di un malinteso concetto di opportunità politica. Ma, è inutile negarlo, al netto dei sofismi dialogici, lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria compromette, forse definitivamente, le future ambizioni politiche del governatore Giuseppe Scopelliti. Ex enfant prodige di provenienza aennina, incapace di creare intorno a sé una classe dirigente degna di questo nome. Il tempo degli uomini soli al comando è finito. Così come è finita l’epoca della facile retorica sul modello berlusconiano. E’ in atto, dalla Lombardia alla Calabria, una violenta offensiva contro “la casta” politica. Spacciata come opera di pulizia (e magari, incidentalmente, lo è per davvero), mira in realtà ad aprire al strada al futuro dominio di una casta oligarchica e tecnocratica di non eletti. I partiti che sostengono il governo Monti, non sanno di affilare la ghigliottina che li decapiterà. Molti di loro non hanno compreso che, con l’arrivo di Monti, lo schema di gioco è cambiato. E ciò che prima era conosciuto ma tollerato (o pensate che la mafia a Reggio o le ruberie nelle diverse Regioni italiane siano state scoperte ieri?), oggi è utilizzato per perseguire un lucido obiettivo politico di marca neo-aristocratica. Se anziché puntare su nani e ballerini, alcuni politici oggi nel mirino si fossero dotati per tempo di strumenti ermeneutici e culturali (tipo la Modern Money Theory) utili a decifrare la modernità, oggi forse non verrebbero facilmente trattati come somari da bastonare per la gloria del sobrio imperatore bocconiano. Per quello che riguarda Reggio infine, mi auguro che, oltre a mandare i commissari, gli organi preposti facciano piena luce sui troppi “misteri” ancora sospesi. Dalla bomba inesplosa ritrovata nel 2004 nei bagni del Comune di Reggio Calabria, fino alla natura degli attentati dinamitardi del 2010, sono ancora troppe le vicende avvolte nell’ombra.

www.laltrosud.it

 

LA SANTA

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Commenti (9)   Aggiungi Commento
Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Lucia a 12/10/2012 17.53
E' un'analisi lucida e corretta del fenomeno mafioso più allarmante e una precisa analisi della condizione politica italiana. Bravo Francesco!

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Luca a 13/10/2012 12.29
Ho scoperto da poco Altro sud ed è stata una vera sorpresa. Avere a disposizione una ideologia che guida il riscatto del sud è quanto potevo solo sperare nel mio continuo girovagare nel web tra i siti meridionali. Mi hanno molto interessato i lavori dei signori Toscano e Perini che ci portano a riflettere su argomenti impegnativi spesso riservati a pochi ma che condizionano la sorte di milioni di cittadini. Purtroppo intorno ho visto solo protagonismo e poca sostanza. Spero più avanti di poter collaborare con voi se me lo permettete. Grazie

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da ANONIMUS a 13/10/2012 17.05
Vivendo al nord posso dirvi che l'inserimento di danaro mafioso nell'economia milanese e lombarda non è avvenuto all'improvviso, nè solo per responsabilità dei meridionali. Si è trattato di un processo lungo, durato anni, e ad esso hanno dato un grande contributo uomini del nord, veri padani doc. Oggi quì in Lombardia fa veramente paura, la drangheta è ovunque e devi stare bene attento con chi parli. mi fa piacere che se ne parli. Leggendo il bel post di Francesco, mi viene da pensare che prossimamente anche nel nord ci saranno altri comuni commissariati, comunque per favore parlatene sempre e con cognizione. Mi hanno detto che siete ben legati ad ambienti della Magistratura, allora per favore fate presente il dramma dei molti meridionali che sono ricattati e minacciati se non ubbidiscono agli ordini. dei mafiosi. Dramma al Sud e dramma al nord, per noi non c'è via d'uscita. Aiutateci. Essere meridionali è davvero una disgrazia.

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Carmela a 13/10/2012 18.38
Grazie ragazzi per la vostra discussione, sono contento che continuate a scrivere le vostre idee!!!!! Mi raccomando continuate, non mettetevi mai a tacere!!!!

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Nix a 13/10/2012 18.49
E' ormai chiaro che non esiste solo un'accordo stato-mafia, ma la mafia è organica al sistema di potere che ci governa, contribuendo in maniera considerevole al risultato elettorale. Come è chiaro che la mafia si è infiltrata pesantemente nel tessuto economico. Ma anche la cosidetta "imprenditoria sana", specialmente quella dei grossi capitali, ha i suoi scheletri negli armadi. Altrimenti come sarebbe stato possibile l'accumularsi di così ingenti fortune? Infine, i partiti che sostengono il governo Monti saranno decapitati dagli elettori. Infatti i più avveduti tra i semplici cittadini ed i piccoli e medi imprenditori, quelli che pagano le tasse per tutti tanto per intenderci, hanno già capito che questa classe politica li sta svendendo per rimanere al potere. Ma nel caso i nostri politici riescano a rimanere ancora a galla, ci penseranno i tecnocrati ad eliminarli dal governo della cosa pubblica, questa volta in via definitiva. Intanto, mentre il Titanic affonda, l'orchestra contiuna a suonare .......

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da L'Altro Sud a 14/10/2012 12.14
Caro "Anonimus", L'Altro Sud è nato non solo per esaltare gli aspetti positivi del nostro Mezzogiorno, con la sua autorevole storia e cultura, ma anche e, soprattutto, per contribuire a far prevalere i valori della legalità e della solidarietà, delineando un "nuovo pensiero" del Sud. Siamo ben consapevoli che una delle cause fondamentali del sottosviluppo meridionale è lo strapotere delle organizzazioni mafiose che, ormai, con l'ulteriore emarginazione dei nostri terrtori dovuta alla crisi enonomica, costituiscono un vero e proprio anti-stato. Conosciamo bene anche la situazione lombarda - gli abbiamo dedicato anche una attenta inchiesta - e quindi comprendiamo il tuo timore. Noi andremo avanti nella nostra missione e tu puoi sempre contare sul nostro aiuto: facci sapere ciò che accade lassù e la preoccupante situazione dei meridionali Se ritieni puoi anche scriverci o contattarci direttamente agli indirizzi presidenza, coordinamento etc... Un caro saluto a te e agli amici tutti in Lombardia.

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Oreste Piantedosi a 15/10/2012 15.52
il Governo Monti-Napolitano propone per l'Italia la cura greca, con il folle obiettivo antropologico di trasformare gli italiani in qualche cosa di intermedio tra i tedeschi e gli statunitensi. Il capo della setta di fanatici che ha preso il potere lo ha dichiarato: la situazione greca e' la prova provata che l'euro e' stata una grande idea. E' quella la strada che occorre intraprendere: la strada greca, costi quel che costi e il Mezzogiorno oramai può solo marcire.

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Peppe Massari a 16/10/2012 14.33
Ma che fine ha fatto Pino Aprile?

Re: LA PRIMA REPUBBLICA MUORE A PALERMO, LA SECONDA A REGGIO CALABRIA    Da Pasquale a 18/10/2012 18.51
bellissimo articolo.


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