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Nicola Perrini, ingegnere, docente di elettronica con numerose esperienze professionali - in particolare nel campo delle Energie Rinnovabili e dell'impiantistica industriale - è attualmente Coordinatore Nazionale de L'Altro Sud-UDS. Meridionalista doc, è autore stimatissimo di numerosi contributi sulla Questione Meridionale e sulle nuove opportunità di sviluppo del Mezzogiorno. 

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 LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    
Luogo: BlogsL'ALTRO SUD    
Inviato da: 242658@aruba.it 18/06/2015 17.25

LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE

di Antonio Gentile

 Partiamo dal concetto che una rivoluzione culturale e sociale può, a buon diritto, definirsi tale solo quando la comunità dominata si presenta sulla scena della crisi come soggetto storico-sociale sostenuto da un proprio programma politico-economico. Quando le realtà subalterne si muovono invece per iniziativa delle fazioni che stanno al potere o che aspirano ad esso, mostrano tutta la loro palese impotenza.

Dunque, tutte le volte che la rivolta delle realtà oppresse e sfruttate non è alimentata da una vera coscienza della propria condizione, a spartirsi i dividendi di questo “disordine” sono i poteri dominanti interessati a mettere in discussione lo status quo per acquisire più potere ai danni dei gruppi concorrenti.

Se la sofferenza e il dolore di un popolo vanno ad esclusivo beneficio dei suoi dominatori, parlare di condizione democratica equivale ad una bestemmia. Così, nel caso delle cosiddette “primavere arabe”, liquidate troppo rapidamente dal marketing politico-mediatico come rivoluzioni delle “masse diseredate”, in molti casi queste sono state strumento di una iniziativa politica-sociale-religiosa gestita dagli interessi delle élite dominanti nei paesi arabi. Ciò naturalmente non vuol dire indifferenza verso i processi sociali allargati che, anzi, determinano produzione di coscienza e organizzazione del dissenso.

L'acquisizione della consapevolezza del proprio ruolo di sfruttato è il vero momento di rottura. Nulla, infatti, appare più insopportabile al pensiero critico dello “schiavo contento” abituato a ricevere poco, senza riguardo. Scriveva Goethe nelle Affinità Elettive: ”Nessuno è più schiavo di chi si ritiene libero senza esserlo”. Come una bestia allevata in cattività, lo “schiavo contento” non nutre neanche il sospetto di vivere in una indigenza materiale e spirituale e che possa esistere per lui un mondo ricco e senza dominio. Accontentarsi di quello che si ha e del proprio stato è da sempre un'apologia del dominio sociale.

Bisogna invece volere tutto ciò che può renderci liberi e dignitosi. Sosteneva Hegel: “Il nostro essere essenziale non consiste nel dormire, nel campare, nel fare l'impiegato; ma nel non essere schiavo”. E per non essere tale le popolazioni dominate e colonizzate devono rovesciare lo schema del dominio.

Chi aspira all'acquisizione del potere politico, all'autonomia, alla libertà di scelta, e a mettere le mani sulle realtà materiali della società – dalle quali è stato estromesso -, deve per prima cosa capovolgere “l'ordine naturale” delle cose, deve cioè costituirsi in una forza dominante prima sul terreno politico e, poi, su quello economico. Dominare le proprie condizioni di esistenza, la propria vita, questo è il significato più profondo del concetto di libertà.


Il Mezzogiorno d'Italia non può più restare spettatore della propria segregazione, burattino animato dai suoi dissanguatori, gestito e pensato da altri. Dalla sua rivolta interiore, dal suo rigetto ad essere “schiavo contento”, quiescente e sottomesso, si determinerà la sua palingenesi.

Se la classe politica-partitocratica marcescente e rinnegata non rappresenta, ormai, neanche più se stessa ma, anzi, è lo strumento principale della condizione di sudditanza, il potere decisionale deve passare alla comunità civile, agli uomini e alle donne dell'appartenenza comune.

E' rivolta l'azione sensibilizzatrice ed illuminante delle centinaia di movimenti meridionalisti che progressivamente costruiscono le fondamenta del nuovo ordine civile, smantellando, nel contempo, i muri dell'oppressione preconcetta.

E' rivolta il diffondersi pandemico di pubblicazioni, di canti, di musiche, di iniziative identitarie che risvegliano e recuperano la linfa vitale della “razza silente”.

E' rivolta la rabbia fomentatrice dei “forconi”, degli studenti, della Rete, che rigettano la genuflessione alla regola dell'accettazione incontestabile.

Così come l'eccitazione tetanica della “Taranta” espelle simbolicamente dal corpo violato il veleno, così l'incontenibile frenesia degli oppressi darà nuova vita al “corpo ritrovato” della Comunità. E' questa la rivolta perenne.

Essere vuol dire ribellarsi, vivere è rivoltarsi perennemente, ed ogni nostro respiro è un atto di rivolta, altrimenti noi non siamo, noi non esistiamo”.

Dunque, l'essenza della libertà e della dignità va ricercata nel possedere la consapevolezza del ruolo imposto di suddito e dell'annientamento della propria identità; va ricercata soprattutto nella capacità di controllare e gestire le proprie risorse e i propri destini.

I Meridionali sono vissuti nella convinzione crescente di essere schiavi di una dominazione fatale, così potente che sarebbe inutile metterla in discussione, futile analizzarla, assurdo opporvisi e delirante solo pensare di cambiarla.

Oggi, però, la rivendicazione territoriale e identitaria, soprattutto nel Sud, non può limitarsi all'aspetto storico-culturale: non avrebbe forza e futuro.

I grandi cambiamenti determinati dai processi globalizzanti e omologanti spingono tali rivendicazioni a collegarsi necessariamente ad altri fattori come quelli economico e sociale. Così come è avvenuto negli anni Sessanta-Settanta dove il rapporto centro-periferia fu collegato allo schema dello “sviluppo diseguale” e del “colonialismo interno”, quasi un manifesto delle regioni emarginate e sfruttate dal potere economico, così, oggi, le battaglie dei movimenti meridionalisti devono puntare a modificare il rapporto con lo stato centrale attraverso la sostituzione dei gruppi dirigenti e di potere che lo controllano.

Le rivendicazioni regionaliste devono, quindi, recepire le forti istanze di rinnovamento provenienti dalla società civile, desiderose di rigettare la concezione precaria della vita, fortemente contrarie alla crescente diseguaglianza sociale, e in cerca di legalità e maggiore rispetto ambientale.

L'obbiettivo fondamentale dell'attuale regionalismo meridionalista deve essere quello di fondere con programmi di lotta complessivi, istanze culturali e istanze di rinnovamento politico-sociale che si sviluppano tuttora in maniera parcellizzata, così da diventare il collante naturale dei diversi settori sociali e il vero fattore di trasformazione radicale di una società sempre più contrapposta e diseguale. 

 © Riproduzione riservata - INTEREG

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Commenti (23)   Aggiungi Commento
Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Lucia a 19/03/2012 9.34
Amici cari ho sempre ritenuto che l'Altro Sud fosse un riferimento validissimo per le mie idee da meridionalista. Ma questo manifesto introduce davvero elementi "rivoluzionari" rispetto alla concezione quiescente e vittimistica a cui eravamo abituati per le nostre terre.<br>La rappresentazione della rivolta perenne dei meridionali che si configura nella "frenesia degli oppressi" e nella "rivolta della taranta" è davvero straordinaria ed efficace. Spero che sia un vero riferimento per tanti di noi. Grazie per tutto!

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Catello a 19/03/2012 17.20
Sono perfettamente d'zccordo, nel tempo i meridionali si sono convinti che la loro situazione di sfruttati non è possibile cambiarla ed è meglio rassegnarsi. Ci vuole un rifiuto generale a questo stato e c'è bisogno di una rivolta come quella dei Forconi che metta in crisi l'attuale equilibro.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Gennaro a 19/03/2012 18.53
Ha ragione Lucia il messaggio è tosto ma è anche maledettamente chiaro, per cambiare bisogna non accettare il ruolo di vittima e sostituire i gruppi dirigenti che hanno tenuto il Sud sotto i piedi con i veri rappresentanti del popolo.<br>E sia la Rivoluzione della Taranta, senza mai fermarsi fino alla vittoria.<br>Dove posso leggere altre cose di Antonio Gentile????

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da PIRAMIDE a 19/03/2012 19.18
Napolitano nell'imporre il governo Monti saltando tutte le procedure costituzionali e calpestando la democrazia ha inaugurato, di fatto, la repubblica presidenziale perseguita da Berlusconi. Ciò conferma che di fronte all'"emergenza" la classe dominante va per le spicce, o compie colpi di Stato violenti o colpi di Stato bianchi. In ogni caso nel capitalismo i governi non li decidono i risultati elettorali, bensì le centrali capitalistiche più o meno occulte. Ecco perchè una rivoluzione politica, del popolo è necessaria.<br>

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Peppe Massari a 20/03/2012 11.36
Purtroppo è vero siamo schiavi e pure contenti (fessi). Ma se la maggioranza delle persone nel Sud conquista la coscienza di questa situazione allora si che diviene rivolta culturale. Mi auguro che voi possiate essere tra i protagonisti di questo cambiamento storico.....la Rivolta della Taranta.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Vincenzo a 20/03/2012 17.19
La tesi è molto suggestiva e inevitabile, il mezzogiorno deve considerare anche tutto quello che avviene intorno e legarsi ai problemi di tutti i cittadini italiani. Però per rivoluzionare il presente deve presentare una classe dirigente completamente innovativa magari persone legate ai movimenti meridionali credibili e non certamente i galoppini di qualche assessore che come è stato scritto continuano ad essere strumento del potere esistente.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Michele a 21/03/2012 18.09
PER FAVORE!!!!devono tutti andare definitivamente a casa...e' finita la cuccagna!<br>Alle prossime elezioni, non deve essere votato nessuno dei vecchi politici.....ma solo gente nuova , giovani puliti.... facce dignitose !!!

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Nix a 21/03/2012 19.37
Ogni cosa può essere messa in discussione, anche la sudditanza politica ed economica nella quale versiamo. Le centinaia di movimenti meridionalisti esprimono il loro malcontento e l'insofferenza montante verso la marginalità cui un intero popolo è stato costretto, in maniera ancora frammentaria e non sinergica. Una sempre maggiore consapevolezza della propria condizione e delle cause che l'hanno determinata, porterà sicuramente ad un'intensificazione delle prese di posizione e delle azioni di protesta e ribellione. Se sapremo coordinare e far convergere verso gli obiettivi essenziali le forze in campo, allora evidentemente saremo sulla strada giusta che ci porterà, attraverso un processo progressivo, ad un riscatto dalla nostra condizione attuale.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Susy a 23/03/2012 11.39
Ragazzi mi entusiasma proprio l'idea della' rivolta della taranta', Una teoria della rivoluzione meridionale per non essere più servi e schiavi di nessuno. Indubbiamente i vostri contenuti sono da filosofia politica e possono indicare una strada per tanti.<br>........ini

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da IN MOVIMENTO a 23/03/2012 18.01
<br>VAFFANCULO AL GOVERNO DATECI ALMENO UNA PROSPETTIVA, SPIEGATECI QUALE SARA’ IL FUTURO DEI SICILIANI<br> <br>Se non avete risposte alle richieste di un intero popolo, per quale motivo prolungate l’agonia di un sistema che non riesce a Governare. RIDATECI LA LIBERTA'<br>

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da ALE a 24/03/2012 17.24
E allora rivolta sia. Basta essere" schiavi fessi" e prendiamo noi li governo dei nostri territori. Questa classe politica di pagliacci va cancellata dalla storia e sostituita da sudisti duri e puri. è giunto il momento del riscatto popolare.<br>W il Sud.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Mario a 25/03/2012 20.05
La verità, purtroppo, è che cittadini non siamo mai stati, perché in questo caso sarebbe corrisposta anche la responsabilità di votare politici seri e non populisti da strapazzo. Insomma, abbiamo preferito vivere allegramente ed irresponsabilmente da sudditi.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Mimmo a 27/03/2012 16.54
"Senza teoria rivoluzionaria non vi è movimento rivoluzionario."<br>CHE

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Maurizio a 29/03/2012 19.08
LA VERITA' E' CHELA NOSTRA SOCIETA’ SI STA AVVITANDO SU SE’ STESSA, UN POPOLO DI SUDDITI SOGGIACE AD UNA MINORANZA DI POTENTI, SPESSO ARROGANTI E INDIFFERENTI. <br>FINITI I TEMPI DELLE LOTTE DI CLASSE, E’ GIUNTA L’ORA DELLA RIBELLIONE DELLA MOLTITUDINE CONTRO LE ELITE ECONOMICHE AVIDE E COROTTE E I LORO CORTIGIANI' <br><br>

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da INMOVIMENTO82 a 01/04/2012 18.45
Le grandi certezze ideologiche o religiose di un tempo sono ormai scomparse e non possiamo più usarle come riferimento sicuro. La nostra morale individuale, d’altra parte, è fin troppo “soggettiva” per poter essere un riferimento solido nell’ambiguità valoriale di una società sempre più complessa e disarticolata. E’ urgente cercare qualcosa di più solido, di più “oggettivo”, che non siano solo le regole che sovrintendono ai mondi in cui si svolge la vita quotidiana, ma appunto quel comune senso del pudore civile che dovrebbe funzionare come sensore morale in grado di sovrintendere alla vita privata e pubblica, determinando opportune reazioni di sdegno ben prima e indipendentemente da ogni presa di distanza politica e condanna giudiziaria. Cosa c'è dunque di più forte che il rifiuto a non accettare il degrado e l'immoralità dilagante?

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Lucia 2 a 03/04/2012 17.25
Non bisogna toccare l'articolo 18 perchè è un articolo che tutela il lavoratore, tutti i lavoratori. Non si può dare al datore di lavoro il coltello dalla parte del manico. Se proprio una modifica ci deve essere bisogna aggiungere nella legge che si vuole approvare la parola "reintegro" ai licenziamenti per cause economiche. cioè il giuduce deve poter scegliere tra licenziamenti economici o per un indennizzo oppure il reintegro del lavoratore. Una domanda: perchè Monti si mette a speculare sulla pelle dei lavoratori? La sua equità da un pò di tempo a questa parte sta diventando sempre di più equitalia.A quando i provvedimenti per la crescita e quindi posti di lavoro? Di questo Monti si deve occupare e ripeto l'articolo 18 non ha mai prodotto un posto di lavoro in più.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da @nestor a 19/06/2015 17.58
siete una scuola di pensiero rivoluzionario, grandi!<br>

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da PATERNO' a 22/06/2015 20.02
l'Altro Sud al governo e so cazzi per tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Franco a 24/06/2015 11.14
Straordinario documento politico e .....rivoluzionario. Vorrei sapere se posso farlo girare su internet visto che c'è il diritto d'autore. Comunque siete una vera università politica che gratifica anche in Europa il nostro meridione.

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Mario Cigliano a 27/06/2015 15.30
Questa è la differenza dell'Altro Sud, una eccezione in un panorama desolante di prime donne

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Catello a 28/06/2015 19.03
ben detto Mario!

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da Franco a 29/06/2015 16.00
Per favore vi chiedo di nuovo se posso far girare questo documento, ho fatto la richiesta anche sull'indirizzo laltrosud@laltrosud.it. Grazie e complimenti

Re: LA RIVOLTA DELLA TARANTA, TEORIA DI UNA RIVOLUZIONE    Da L'Altro Sud a 30/06/2015 1.27
Caro Franco, puoi certamente "far girare" il documento politico di Antonio Gentile. Devi, comunque, sempre citare il nome dell'autore e la fonte.<br>Ciao e grazie.


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