CASTELLAMMARE MUORE
di Antonio Gentile
Un intera comunità sprofonda nella precarietà mentre la confraternita dei rinnegati si affanna a cercare un posto al tavolo del bunga bunga meneghino.
Mentre continua l'agonia di gran parte delle realtà industriali del Mezzogiorno, lo storico cantiere di Castellammare di Stabia, chiuso per mancanza di commesse, da questa estate, potrebbe trasformarsi in un semplice “approdo turistico”.
L'originaria vocazione di costruzione navale sarebbe, dunque, cancellata con conseguenze devastanti sulla realtà industriale campana e, in particolare, su quella stabiese. Nel totale disinteresse del Governo e nell'inerzia programmatrice della Regione Campania, l'antico cantiere navale, nato nel 1783, si avvia verso la chiusura, mentre l'Autorità Portuale di Napoli e la Fincantieri pensano a trasformarlo in un approdo per navi da crociera.
É questa una scelta inaccettabile, scriteriata, che distruggerebbe secoli di professionalità, determinando, nel contempo, conseguenze drammatiche su di un tessuto socio-economico, come quello di Castellammare, già lacerato dalla radicata presenza della camorra, dalla disoccupazione, dal dissesto finanziario e dalla crisi dei rifiuti. Un altro gioiello della grande tradizione lavorativa meridionale, in grado nel suo insieme di dare lavoro a migliaia di persone, si avvia quindi alla chiusura, nell'apatia generale e con la vergognosa complicità di gran parte della classe politica nostrana che, prostituita all'interesse padano, se ne frega della sofferenza che attanaglia la nostra popolazione.
Dai politici meridionali e dalle nostre istituzioni ci si aspetterebbe una reazione veemente, indignata, da barricata, per difendere gli interessi dei lavoratori e della propria comunità. Invece, niente. I burattini del potere nordista cianciano al vento e assistono genuflessi alla spoliazione del loro territorio.
Ma dove sono i nostri rappresentanti? Dove sono i nostri parlamentari? Castellammare muore e loro mercanteggiano la nostra dignità. Un intera città sprofonda nella precarietà mentre la “confraternita dei rinnegati” si affanna a cercare un posto al tavolo del bunga bunga meneghino.
Le varie autorità coinvolte, da quella Portuale di Napoli e dalla Fincantieri fino al Presidente della Regione Campania, dovrebbero affrontare con decisione la crisi della cantieristica stabiese, discutendo sulla fattibilità del nuovo bacino di costruzione, che rappresenta l'unico e indispensabile infrastruttura di completamento del sito per il rilancio del comparto navalmeccanico della cittadina campana. Invece, svendono la banchina della Fincantieri come approdo per navi turistiche.
Il Sud senza tutela e senza rappresentanti degni di questo nome continua inesorabilmente a patire, ma il tempo della sopportazione si avvia all'esaurimento. Il momento della resa dei conti per i disertori del mandato popolare si avvicina e la nuova politica, quella gestita direttamente dalla comunità, prende spazio, offrendo al Sud la possibilità di ritornare ad essere protagonista dei propri destini.
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